Paura
Martirio di Giovanni Battista –
Verrebbe proprio da compatire il profeta Geremia che, già all’inizio della sua vocazione e del suo ministero, è quasi minacciato da parte dell’Altissimo: <non spaventarti di fronte a loro, altrimenti sarò io a farti paura davanti a loro> (Ger 1, 17). Ci giunge un po’ nuova il fatto che l’Altissimo possa usare l’arma della paura per costringere i suoi profeti a trasmettere esattamente e completamente il suo messaggio senza cedere a nessun timore e senza cadere in nessun tipo di ritrosia davanti al messaggio di cui sono portatori. In questo modo si rivela quanto stia a cuore al Signore Dio raggiungere i suoi figli – tutti i suoi figli – con la sua parola che illumina e libera. Una di queste parole è evocata come lo sfondo della tensione tra Giovanni Battista e la casa reale di Erode: <Non ti è lecito tenere con te la moglie di tuo fratello> (Mc 6, 19).
In realtà con questa denuncia circa l’illecito matrimonio che unisce Erode a sua cognata e lo rende quasi stregato dalla danza della figlia di quest’ultima, vi è molto di più che l’invito a rompere un matrimonio illecito. Questo matrimonio diventa il simbolo di tutto ciò che Erode – come pure il piccolo erode che portiamo dentro di noi – presume di poter fare a proprio arbitrio ritenendo di poter agire secondo il proprio gusto senza misurarsi con niente e con nessuno. La parola dei profeti è una continua memoria dei limiti cui la vita di ciascuno è sottomessa perché non si cada in quell’abuso di se stessi che apre, quasi naturalmente, la porta ad abusare degli altri. Il primo passo di ogni abuso è ritenere di poter fare paura a qualcuno fino a ridurlo in nostro potere. Ma vi è un passo ancora più remoto, apparentemente non solo innocuo, ma persino generoso ed è quello di pensare di poter fare o dare più di quanto, in realtà, possiamo fare o dare: <Qualsiasi cosa mi chiederai, te la darò, fosse anche la metà del mio regno> (6, 23).
Erode si appropria delle parole che il re Assuero-Artaserse aveva rivolto ad Ester alla fine del secondo banchetto approntato dalla regina per svelare e sgominare l’iniquo progetto di Aman. Ma Erode non si rende conto di non avere davanti a sé la regina Ester, ma la figlia di colei che <odiava> (6, 19) quel profeta che egli <temeva> (6, 20) che lo avrebbe fatto passare dalla parte di Aman, mentre il re si crogiolava nell’impersonare il re Assuero-Artaserse. La reazione regale viene annotata accuratamente e quasi spietatamente dall’evangelista: <Il re, fattosi molto triste, a motivo del giuramento e dei commensali, non volle opporle un rifiuto> (6, 26). Il re non vuole “perdere la faccia” e piuttosto che riconoscere il suo limite e il fatto di averlo oltrepassato accetta da consegnare la <testa di Giovanni> (6, 27).
Conosciamo il seguito della storia: Erode passerà il resto dei suoi giorni nella paura di un ritorno di Giovanni Battista che gli sembra di riconoscere in Gesù. Si compie così per Erode la minaccia dell’Altissimo fatta al profeta Geremia: <sarò io a farti paura> (Ger 1, 17).