Attendere… il giusto
I Domenica T.A. –
Un testo del profeta Geremia è il portale di ingresso di questo nuovo tempo di Avvento e che orienta così la nostra meditazione, la nostra preghiera, la nostra attesa, il nostro desiderio: <In quei giorni e in quel tempo farò germogliare per Davide un germoglio giusto, che eserciterà il giudizio e la giustizia sulla terra> (Gr 33, 15). Questa parola del profeta che ci permette di accogliere con serenità quanto il Signore Gesù ci dice nel Vangelo e che, non a torto, potrebbe inquietarci. É come se la Liturgia ci aiutasse a scendere gradualmente da visioni troppo alte e maestose verso un’ottica semplice e limpida con cui leggere e attraversare la storia fino a rendere per noi – e non solo per noi – un angolo possibile di salvezza. Il primo sguardo è rivolto in alto <segni nel sole, nella luna e nelle stelle>; il secondo profondamente in basso – in quelli che potremmo definire gli inferi del cuore – caratterizzati come <angoscia di popoli in ansia> (Lc 21, 25); al centro vi è un altro sguardo: <allora vedranno il Figlio dell’uomo…> (21, 27).
Questa prima domenica di Avvento ci aiuta a rettificare e a rendere più limpido, più <giusto> il nostro sguardo sul mistero della vita e lo fa ripetendoci l’esortazione del Signore che dice ancora una volta: <State attenti a voi stessi, che i vostri cuori non si appesantiscano> (21, 34). Talora non ci rendiamo conto a sufficienza di quanto ad appesantire la nostra vita sia proprio la nostra tendenza a dare spazio a desideri eccessivi che non sono realmente adeguati alla nostra realtà. Cosa mai rende un germoglio più <giusto> o meno giusto se non il fatto di accettare il posto che la natura gli dona e il ruolo che così gli affida?! Nessuno germoglio può, ad esempio, decidere di cambiare posto. ma è chiamato ad ottimizzare la situazione in cui si trova se in alto, librandosi nel cielo, se in basso aggrappandosi soavemente alla terra. Per non cadere nella trappola che genera gli affanni è necessario vigilare e pregare come cifra di una capacità reale e realistica di attenzione e di assunzione.
La vigilanza e l’invito ad esercitarla nella nostra fede ha un grande valore simbolico non prima di tutto e soprattutto per la sua valenza ascetica che pure rimane, ma per il suo valore terapeutico e umanizzante. La vigilanza permette di sottrarci periodicamente alla fascinazione del mondo che ci circonda e ci ammalia con le sue illusorie promesse, le sue fallaci speranze e con il disorientamento del desiderio che già Filone alessandrino riteneva la fonte di tutti i turbamenti e di molte sofferenze. Come spiega Louis Bouyer se <l’uomo impegnato in occupazioni lavorative sente il bisogno di tempi di vacanze sia per la psiche che per il corpo, tantopiù il credente sente profondamente il bisogno di darsi uno spazio di riposo spirituale>1. Ciò comporta un ritornare vigili su se stessi per assumere i tratti di cui parla l’apostolo e che non possono in nessun modo appesantire: <crescere e sovrabbondare nell’amore fra voi e verso tutti come sovrabbonda il nostro per voi, per rendere saldi i vostri cuori e irreprensibili nella santità, davanti a Dio e Padre nostro, alla venuta del Signore nostro Gesù con tutti i suoi santi.> (1Ts 3, 12-13). Il tempo di Avvento, come la Quaresima, è un tempo di ri-presa spirituale e il suo pressante invito alla vigilanza non è che una forma di con-versione che permette, nel nostro cuore, di preparare la venuta del Signore Gesù: qui ed ora… il modo più giusto perché l’unico veramente possibile.
1. L. BOUYER, L’Église de Dieu, Cerf, Paris 1970, p. 345.