Convertire… in così

I settimana TQ – 

Ogni volta che celebriamo l’Eucaristia, mentre si avvicina il momento di comunicare al Corpo e al Sangue di Cristo, chi presiede evoca l’invito del Signore: <Voi dunque pregate così…> (Mt 6, 9). Matteo pone la consegna della preghiera del Signore in un contesto assai grave e importante per la vita del discepolo. Lo si potrebbe definire come l’impegno continuo a differenziarsi e a prendere le distanze dall’ipocrisia e dall’ostentazione dei devoti farisei, come pure dall’ingenua meccanica formulazione magica dei pagani. Il mistero della preghiera ci rimanda alla nostra personale avventura di comunione con Dio. Essa esige una ricerca, per quanto sempre inafferrabile, di una certa comunicazione con l’Altissimo, tale da districare, come una nave che cerca di guadagnare il mare aperto della contemplazione e della fiducia, sballottata tra due scogliere che rischiano di farla arenare e persino, talora, affondare. Nella pericope evangelica di oggi l’ammonimento suona così: <Pregando, non sprecate parole come i pagani: essi credono di venire ascoltati a forza di parole> (6, 7). Questa parola di diffida dal multiloquio, si trova in un contesto molto significativo che la lettura liturgica rischia di mettere in ombra. Esso è l’insieme del testo che ci ha accompagnato nella celebrazione delle Ceneri e che ammonisce immediatamente prima così: <E quando pregate, non siate simili agli ipocriti… amano pregare stando ritti, per essere visti dalla gente> (6, 5).

Il Signore Gesù ci mette in guardia da due pericoli: l’ostentazione e la moltiplicazione di parole. Il Maestro ci insegna a pregare <così> e potremmo esplicitare questa modalità con due caratteristiche: l’intimità e l’essenzialità. La preghiera può veramente essere una terapia, semplice ed efficace, per il nostro uomo interiore, perché ci aiuta a ricomporre continuamente – quotidianamente – la nostra persona chiamata ad entrare in relazione con Dio come si entra in relazione con un <Padre nostro>. Ciò rimanda continuamente al nostro mistero di figliolanza e a quello, consequenziale ed essenziale, della nostra fraternità. Per questo la consegna del modo della preghiera si conclude con una consegna del modo della vita e, in particolare, della relazione: <Se voi infatti perdonerete agli altri le loro colpe, il Padre vostro che è nei cieli perdonerà anche a voi> e se non fosse sufficientemente chiaro, il testo continua per essere il più esplicito possibile: <ma se voi non perdonerete agli altri, neppure il Padre vostro perdonerà le vostre colpe> (6, 14-15).

Davanti a questa parola sarebbe comprensibile il fatto di essere presi da un certo sconforto o da una dose massiccia di timore. In questo ci soccorre il profeta Isaia con due versetti che sono capaci di restituire al cuore tutta la semplicità e la fiducia: non è poi così difficile, basta solo lasciare fare! Il profeta sembra liberarci dall’ansia di prestazione del <così> cui siamo chiamati, ricordandoci il <come> da cui siamo preceduti e accompagnati con l’immensa naturalezza dell’amore: <Come la pioggia e la neve scendono dal cielo…> (Is 55, 10). Il Signore ce lo ricorda: <così sarà della mia parola uscita dalla mia bocca> (55, 11). Allora sarà <così> della nostra preghiera che dalla terra cerca, talora a fatica, di bussare alle porte del cielo… di bussare al cuore del <Padre nostro> (Mt 6, 9).

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