Dono
San Matteo ev. –
L’apostolo Paolo ci ricorda come ognuno di noi abbia sperimentato, sempre e comunque, la dolcezza di sentirsi, guardato dal Signore Gesù: <A ciascuno di noi, tuttavia, è stata data la grazia secondo la misura del dono di Cristo> (Ef 4, 7). Certo <egli ha dato ad alcuni di essere apostoli…> (4, 11) e noi, oggi, ne festeggiamo uno a cui dobbiamo il prezioso dono di uno dei Vangeli nel quale contempliamo il volto <mite e umile> di Cristo Signore. Eppure la cosa più importante del nostro essere, non è quello che facciamo, ma la memoria del dono di grazia che ci ha resi figli e continuamente ci fa crescere in quello che siamo veramente e in modo unico: <fino all’uomo perfetto, fino a raggiungere la misura della pienezza di Cristo> (4, 13). Come ricorda il monaco benedettino Ruperto di Deutz: <Il collettore delle imposte liberato per il Regno di Dio Matteo, il pubblicano, è stato nutrito con “il pane dell’intelligenza” (Sir 15,3); e con questa stessa intelligenza, egli ha preparato per il Signore Gesù un grande banchetto nella sua casa, poiché aveva ricevuto in eredità una grazia abbondante, conformemente al suo nome [che vuol dire «dono del Signore»]. Un presagio di tale banchetto di grazia era stato preparato da Dio: chiamato mentre era seduto al banco delle imposte, seguì il Signore e “gli preparò un grande banchetto nella sua casa” (Lc 5,29). Matteo gli ha preparato un banchetto, anzi uno molto grande: un banchetto regale, potremmo dire>1.
Alla luce di queste parole potremmo seriamente chiederci se siamo consapevoli del dono che abbiamo ricevuto: quello di essere discepoli del Signore. Inoltre potremmo esaminarci sul modo in cui corrispondiamo e ricambiamo il dono di grazia che ha inondato la nostra vita fino ad illuminarla, riscaldarla, migliorarla. Forse anche noi, almeno in qualche momento della nostra vita, assomigliamo a Matteo che se ne sta <seduto al banco delle imposte> (Mt 9, 9), così intento a riscuotere le tasse e ad arricchire le sue tasche da non riuscire più a vedere niente altro di se stesso. Invece il Signore Gesù non vide l’esattore delle tasse, ma <vide un uomo> e, con il suo sguardo e la sua parola, lo rese <uomo perfetto> (Ef 4, 13). Spesso la figura di Matteo e la sua esperienza “vocazionale” vengono additati come esempio di pronta sequela del Signore, ma ogni “vocazione” è – prima di tutto – l’esperienza di uno sguardo che ci permette di ricomprendere noi stessi nella logica di un dono ricevuto che si fa dono offerto.
Tutto ciò è espresso – nel racconto dell’inizio della sequela da parte di Matteo – con il segno del banchetto, un segno che è sempre un modo per condividere la gioia della propria vita, nel desiderio di accrescere, negli altri, la gioia di vivere. Pertanto il testo continua così: <Mentre sedeva a tavola nella casa, sopraggiunsero molti pubblicani e peccatori e se ne stavano a tavola con Gesù e con i suoi discepoli> (Mt 9, 10). Questo non può che destabilizzare gli scribi e i farisei incapaci di cogliere come solo il dono incondizionato di un’intimità e familiarità con Dio, può rappresentare l’inizio di una vera e duratura conversione. La parola di Gesù: <Seguimi> (9, 9) è sempre un modo per invitare ciascuno di noi a prendere in mano seriamente la propria vita e a metterla sulla <tavola> della Vita perché tutti ne possano godere a piene mani e ispirarsene a pieno cuore.
1. RUPERTO DI DEUTZ, Sulle opere dello Spirito Santo, IV, 14.
Lode a te, Dio dell’universo ! Il nostro ” GRAZIE” è cosi piccolo vicino all’immensita del tuo Amore …siamo immerso in Te…e…non lo vediamo…
Perdonaci, Dio di Luce di non fare brillare abbastanza la luminosità del tuo splendore!