In mezzo
XXIII settimana T.O. –
L’invito che il Signore Gesù rivolge all’uomo dalla <mano destra paralizzata> (Lc 6, 6) che si trova nella sinagoga è, in realtà, più una rivelazione di se stesso che non semplicemente un modo per venire incontro al bisogno di aiuto di un povero. Quell’uomo sembra – ormai – quasi riconciliato con la propria fatica di vivere tanto che, da parte sua, non chiede niente e non dice niente né prima, né durante, né dopo. Da una parte il vangelo ci presenta quest’uomo, dall’altra gli scribi e i farisei che <lo osservavano per vedere se lo guariva in giorno di sabato, per trovare di che accusarlo> (6, 7). Tra questi due atteggiamenti nettamente contrastanti di rassegnazione e di aggressività, si pone Gesù il quale, con serena sovranità, dice: <Alzati e mettiti qui in mezzo!>. Con una docilità impressionante quell’uomo <Si alzò e si mise in mezzo> (6,8). Eppure egli non è al centro dell’attenzione perché non è assolutamente il centro della discussione! Gli scribi e i farisei hanno di mira Gesù e, attraverso la docile disponibilità di quest’uomo di mettersi in mezzo senza, in realtà, volerlo né desiderarlo, raggiungono il Signore che rivela invece se stesso, come colui che è capace non solo a mettersi <in mezzo>, ma ad andarci “di mezzo” come si dice nel linguaggio popolare.
Stando al racconto di Luca, il Signore affronta apertamente gli scribi e i farisei mettendoli di fronte alla loro indisponibilità radicale a fare, della scrupolosa osservanza delle prescrizioni, un’occasione reale di conversione e di attenzione: <Domando a voi: in giorno di sabato, è lecito fare del bene o fare del male, salvare una vita o sopprimerla?> (6, 9). Gli scribi e i farisei si saranno sentiti profondamente offesi da questa domanda giudicata tendenziosa e ingiusta, eppure, la conclusione rivela il loro cuore troppo attendo alla preservazione di un sistema di cui si sentono garanti e, attraverso il quale, garantiscono a se stessi una serie di privilegi facilmente fondati sull’umiliazione e sulla diminuzione della vita degli altri. La conclusione non fa che confermare l’intuizione del Signore: <Ma essi, fuori di sé dalla collera, si misero a discutere tra loro su quello che avrebbero potuto fare a Gesù> (6, 11) senza minimamente lasciarsi toccare, interrogare e cambiare da ciò che egli aveva appena fatto sotto i loro occhi, rivelando come, la creazione amorosa e benevola di Dio, sia ancora in atto.
L’apostolo Paolo, già fervente fariseo, si dona come esempio concreto di quanto sia possibile e doveroso entrare nel dinamismo evangelico, tanto da dire: <per questo mi affatico e lotto, con la forza che viene da lui e che agisce in me con potenza> (Col 1, 29). Subito dopo Paolo chiarisce a che cosa mira questa lotta di impegno: <perché i loro cuori vengano consolati> (2, 2). Il nostro compito di discepoli è quello di evitare in tutti i modi di metterci in mezzo solo se accettiamo generosamente di… andarci di mezzo pur di rendere la vita dei nostri fratelli e sorelle in umanità più piena e più vera: <ammonendo ogni uomo e istruendo ciascuno con sapienza, per rendere ogni uomo perfetto in Cristo> (Col 1, 28). Se non fosse così, il rischio sarebbe quello di diventare dei discepoli al contrario: vicini a Gesù e capaci di ripetere le sue parole senza lasciarsene realmente toccare.
Deo gratias!