Indipendentemente

XXVIII settimana T.O.  –

Per ben due volte ricorre, nel breve spazio della prima lettura, una constatazione che all’apostolo sembra fondamentale per entrare e rimanere nella discepolanza di Cristo e del suo Vangelo: <indipendentemente>. Possiamo riprendere i due versetti – uno alla volta – per scorgervi quel crescendo di consapevolezza che sembra essere il cuore stesso dell’esperienza di fede cui ciascuno è chiamato a dare il massimo di spazio possibile nella propria vita di  credente. Subito troviamo: <indipendentemente dalla Legge, si è manifestata la giustizia di Dio, testimoniata dalla Legge e dai Profeti> (Rm 3, 21). Verso la conclusione del testo che leggiamo oggi nella Liturgia, si ripropone lo stesso concetto con una ulteriore chiarificazione: <Noi riteniamo infatti che l’uomo è giustificato per fede, indipendentemente dalle opere della Legge> (3, 28). L’incremento sembra consistere proprio nella sottolineatura che le nostre opere non sono la condizione, bensì il frutto dell’esperienza di una salvezza che non può che esserci offerta se non dalla <clemenza di Dio> (3, 26) e questa, non può esserci donata – affinché l’onore e la gloria di Dio siano salvi – che <gratuitamente> (3, 24).

Con queste aperture e con queste sottolineature, offerteci dalla meditazione paolina, siamo in grado di accostare il Vangelo con i suoi due tremendi <Guai a voi> (Lc 11, 47 e 52). Ciò che il Signore Gesù disapprova assolutamente nella condotta degli scribi e dei farisei, è la dimenticanza di quella <clemenza di Dio> senza la quale nulla può essere giusto e santo. Dimenticare la clemenza e insistere sulle opere della Legge, non solo come espressione della propria fede – e questo non può che essere lodevole e degno – ma come parametro di giudizio della fede degli altri, non può che – ben diverso da quell’amabile <indipendentemente> appena evocato – portare inesorabilmente a condannare, uccidere e sottrarre <la chiave della conoscenza> (Lc 11, 52). La conoscenza di cui ci parla il Signore non è una fredda teologia che non è mai tirata indietro nel costruire dorati e magnifici <sepolcri> (11, 47), ma è sempre congiunta – anzi è l’espressione più vera – all’amore.

Eppure la parola del Signore sembra cozzare miserevolmente contro il granito dei cuori dei suoi ascoltatori i quali non fanno altro che portare avanti la storia di sempre, senza lasciarsi scalfire per niente, anzi forse  e persino   rafforzare,  in quelle che sono le loro convinzioni e i loro metodi: <gli scribi e farisei cominciarono a trattarlo in modo ostile e a farlo parlare su molti argomenti, tendendogli insidie per sorprenderlo in qualche parola uscita dalla sua stessa bocca> (Lc 11, 54). In realtà, scribi e farisei non ascoltano, ma fanno finta semplicemente di ascoltare, per poi – ancor più semplicemente – condannare. Potremmo chiederci come mai così tanta sordità nel loro cuore. Forse perchè accettare che tutto trovi un senso a partire dalla <clemenza di Dio> (Rm 3, 26), esige di impostare tutta la propria vita e la propria intelligenza sulla clemenza, e questo è ben più faticoso che costruire un sepolcro, infatti, ciò comporta uccidere il proprio senso di superiorità.

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