Male

XXII settimana T.O. –

Stranamente la furia dello spirito impuro sembra non riuscire a raggiungere il suo scopo. Infatti, pare proprio che la sola presenza del Signore Gesù riesca ad arginarne la negatività tanto che: <il demonio lo gettò a terra in mezzo alla gente e uscì da lui senza fargli alcun male> (Lc 4, 35). Se nella sinagoga di Nazareth  il Signore Gesù si rivela nella potenza di una parola che non solo non viene accolta, ma è persino motivo di imbarazzo e di rifiuto, nella sinagoga di Cafarnao viene riconosciuto e acclamato da <un demonio impuro> (4, 33). Il demonio non riesce a tacere la verità, nonostante questa gli faccia il più terribile dei mali: impedirgli ormai di fare del male! Lo stupore per il rifiuto che accompagna il Signore Gesù nella sua terra natale ove è conosciuto, ma non riconosciuto, si fa stupore più grande a Cafarnao dove sembra che – a vari livelli – tutti sentano l’<autorità> che abita il cuore di Cristo. Da questo cuore sembra riversarsi sul mondo circostante una medicina capace di risanare le malattie più radicali costringendo il male a venire allo scoperto così da essere reso innocuo.

Davanti alla differenza di accoglienza e di risposta che possiamo cogliere a Nazareth e a Cafarnao, dove il Signore stabilirà la sua dimora con i suoi discepoli, possiamo sentire, con una forza ancora più stringente, l’esortazione dell’apostolo Paolo: <Non dormiamo dunque come gli altri, ma vigiliamo e siamo sobri>. L’apostolo aggiunge qualcosa che non solo ci riguarda, ma che ci richiede una seria riflessione: <Dio infatti non ci ha destinati alla sua ira, ma ad ottenere la salvezza per mezzo del Signore nostro Gesù Cristo> (1Ts 6. 9). Chi di noi non vorrebbe sperimentare nella propria vita la salvezza come esperienza di liberazione da tutto ciò che impedisce e diminuisce la vita e di pienezza che ce ne fa sentire pienamente il gusto?Eppure <ottenere la salvezza> non è semplicemente un’operazione mentale ed esige, invece, una purificazione esistenziale che normalmente costa perché richiede l’assunzione di una nuova scala di valori.

Il Signore non si accontenta di denunciare il male ma lo atterra riducendolo all’impotenza. Certo a tutti piace il fatto che il Signore sia in grado di ridare pienezza di vita, ma non sempre piace che la vita che egli ci dona, esiga la presa di distanza da tutto ciò che – in noi e per gli altri – ne nega le esigenze e i   percorsi. Da ciò nasce l’istanza ricordata da Paolo, il quale ci raccomanda di essere non solo vigilanti, ma di fare della nostra vita un’esperienza talmente segnata dalla luce da essere in grado di smascherare ogni indizio di tenebra. L’apostolo prende atto che <siete tutti figli della luce e figli del giorno> tanto che <noi non apparteniamo alla notte, né alle tenebre> (1Ts 5, 5). Questa coscienza comporta che ci lasciamo plasmare giorno dopo giorno, per essere sempre più autenticamente conformi all’immagine luminosa che portiamo dentro di noi, lasciando cadere – gradualmente ma fattivamente – tutto ciò che rende tenebrosa la nostra vita, tanto da farci del male e talora, senza volerlo, fare del male.

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