Non dimenticare

Esaltazione della santa Croce –

Il versetto che ripetiamo come acclamazione al salmo responsoriale ci svela l’origine di questa festa legata alla dedicazione della basilica del santo sepolcro a Gerusalemme e alla memoria del ritrovamento della croce su cui, il Signore Gesù, ha manifestato come <Dio ha tanto amato il mondo> (Gv 3, 16). Al salmo ripetiamo: <Non dimenticate le opere del Signore>. Questa festa è un ulteriore aiuto per non dimenticare e, soprattutto, per non smettere di ricordare. Fa parte dell’amore mettere in atto tutte le possibilità per evitare la perdita della memoria ed è proprio dell’amore mettere a punto tutti i mezzi per tenere a mente i momenti privilegiati e più significativi dell’amore stesso. Oggi lo faremmo forse con delle foto o dei filmini; gli antichi invece privilegiavano, quali scrigni di memoria, gli oggetti e i luoghi. Infatti, non è la garanzia sulla corrispondenza oggettuale con la croce – che fu bagnata dal sangue di Cristo morente – ad interessare il linguaggio della fede, ma la sua capacità di signi-ficare e di essere simbolo forte e rammemorante di uno dei momenti più significativi e più forti della storia, ma ancor  più della memoria credente.

La festa di oggi può diventare un’occasione per imparare non solo a ravvivare la memoria, ma pure a trovare nuovi modi – sempre più efficaci e parlanti – per fare memoria. Infatti: <Il Cristo crocifisso è l’espressione della vittoria dell’amore su tutto ciò che non è amore. Per rivelare che Dio è amore, sostanzialmente amore, è stato necessario ricorrere all’assoluto che è la morte: guardare a questa rottura sostanziale dell’unità dell’uomo. Per l’umanità proprio la morte è il limite assoluto, perché  è il solo assoluto di ordine sensibile. Di conseguenza solo un amore sostanziale può essere vittorioso su questa rottura  sostanziale che è la morte>1. Nondimeno, la memoria della croce  su cui Dio stesso ha rinunciato per sempre all’economia del <privilegio> (Fil 2, 6), è l’invito costante a non lasciarci avvelenare l’anima dai <serpenti brucianti> (Nm 21, 6) che sono i nostri pensieri di vanagloria. Sotto la croce siamo chiamati a ricominciare ogni giorno ad imparare il senso profondo delle cose e a purificare il nostro cuore da tutto ciò che tradisce  o ostacola  il dinamismo dell’amore oblativo.

Tutto ciò ci viene ricordato con toni forti da un gesuita contemporaneo quando scrive, riferendosi alla dimenticanza da parte della stessa Chiesa, delle implicanze proprie del mistero pasquale: <A partire da questo scandalo latente è nata la retorica della croce, non la sua accettazione. Uomini di chiesa hanno ben presto voluto dimenticare la vergogna delle catacombe e, uscendo alla luce del sole imperiale, hanno voluto essere i vincitori. In hoc signo vinces! I perseguitati lodarono Dio all’aperto, costruirono chiese, ma divennero ben presto anche persecutori. Agli stracci dilaniati al Colosseo, sostituirono drappeggi di funzionari romani con prebende e onori imperiali. Nacque la cristianità>2. Ogni giorno siamo chiamati – come discepoli e come comunità credente – a rinascere in Cristo che <svuotò se stesso assumendo una condizione di servo> (Fil 2, 7).


1. M.-D. PHILIPPE, J’ai soif, Ed. Saint Paul, Versailles 1996, p. 76.

2. F. SCALIA, Alternativi e Poveri. La vita consacrata nel postmoderno, Paoline, Milano 2006, p. 158.

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