Punto d’onore
XXXI settimana T.O. –
L’apostolo Paolo sembra quasi volersi scusare e, al contempo, non demorde dalla sua catechesi sulla grazia con cui cerca di inculcare, nella comunità cristiana di Roma, una sensibilità al mistero di Dio, un mistero capace di illuminare e trasformare il cuore dell’uomo: <Tuttavia su alcuni punti, vi ho scritto con un po’ di audacia, come per ricordarvi quello che già sapete, a motivo della grazia che mi è stata data da Dio> (Rm 15, 15). L’audacia dell’apostolo diventa estrema nella parabola evangelica il cui intento è quello di evitare che si attui impunemente ciò che viene ricordato in conclusione: <I figli di questo mondo, infatti, verso i loro pari sono più scaltri della luce> (Lc 16, 8). Dall’amministratore fieramente <disonesto> siamo chiamati ad imparare come essere onesti al massimo delle nostre possibilità, non adagiandoci mai su ciò che abbiamo già realizzato e, al contempo, siamo invitati ad imparare il modo per dare di più, creando un ulteriore incremento di vita e di vivibilità anche per gli altri.
Non è escluso che l’amministratore si sia realmente reso conto della situazione di quanto trattava, a motivo del suo ufficio di mediazione degli interessi del suo padrone e, approfittando della sua fiducia, aveva imparato a fare abbondantemente i suoi interessi personali. Forse ora, per la prima volta, ha compreso cosa significhi dover dipendere dalla bontà degli altri, non potendo contare sufficientemente sui propri mezzi. Invece di cedere alla lamentela, vediamo come questo amministratore – <disonesto> per quanto riguarda la gestione dei beni che gli sono affidati – è altrettanto onesto con se stesso: <Che cosa farò, ora che il mio padrone mi toglie l’amministrazione? Zappare, non ne ho la forza; mendicare, mi vergogno> (16, 3). A questo spettacolo interiore di grande lucidità, segue una presa di posizione che non accetta di cedere a nessuna forma di ripiegamento e di autocompassione: <So io che cosa farò perché, quando sarò allontanato dall’amministrazione, ci sia qualcuno che mi accolga in casa sua> (16, 4).
Conosciamo tutti il seguito della parabola e possiamo lasciarci interrogare dall’audacia dell’amministratore: <Tu quanto devi al mio padrone?> (16, 5). Questo è il cuore del messaggio del Signore Gesù, un messaggio che vuole provocare – ancora una volta – i farisei troppo sicuri di se stessi e del fatto di non avere nulla da rimproverarsi! Ugualmente l’apostolo Paolo protesta, per così dire, la sua audacia nell’annunciare <il vangelo di Dio perché le genti divengano un’offerta gradita, santificata dallo Spirito Santo> (Rm 15, 16). Insomma, non bisogna proprio risparmiare nulla delle proprie energie e della propria immaginazione, al fine di permettere al messaggio di liberazione e di pienezza che è il Vangelo, di raggiungere tutti e nei modi più adeguati, anche se talora ancora così inediti. Il Signore con toni forti, facendo ricorso ad un linguaggio in cui i contrasti sono capaci di accentuare il messaggio, ci invita a mettere a disposizione del Regno di Dio tutto quello che siamo, persino i nostri lati più oscuri che rischiano di dare più profondità ed efficacia alla nostra testimonianza, facendo di questo nostro metterci a disposizione un vero <punto d’onore> (Rm 15, 20).
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