Relazione
XXXI settimana T.O. –
Il rapporto con le ricchezze non solo economiche, ma persino intellettuali e spirituali ha rappresentato sempre un quesito cruciale per tutti coloro che si sono fatti obbedienti e docili discepoli del Vangelo. Talora si è arrivati ad immaginare nella vita del Signore Gesù una povertà che non ci è attestata nei Vangeli, cadendo in forme di pauperismo non solo eccessive, ma persino fanatiche. In realtà, ciò che sta veramente a cuore al Signore è che nessuno dei suoi discepoli si rinchiuda, attraverso la ricchezza, in un atteggiamento di autoreferenzialità superbo o superficiale. Al contrario, tutti i beni che la vita mette a nostra disposizione dovrebbero essere un mezzo per approfondire la nostra capacità di comunicazione, di relazione, di comunione. Un padre della Chiesa della prima ora, riflettendo sul rapporto dei cristiani con le ricchezze, richiama non tanto la necessità di rinunciarvi, ma di viverne il dono e la possibilità alla luce delle parole e degli esempi di Cristo: <Egli è la via su cui cammina chi ha il cuore puro; la grazia di Dio non si infila in un animo ingombrato e lacerato da una moltitudine di possessi. Chi considera la sua fortuna, il suo oro e il suo argento, le sue case come doni di Dio, costui testimonia a Dio la sua riconoscenza venendo in aiuto ai poveri con i suoi averi. Egli sa di possederli più per i suoi fratelli che per se stesso. Rimane padrone delle sue ricchezze invece di diventarne schiavo>1.
L’apostolo Paolo, concludendo con il saluto la sua Lettera ai Romani ci testimonia di questa stupenda possibilità di saper mettere a disposizione gli uni degli altri i propri beni, le proprie energie, le proprie possibilità fino a ricordare con una comprensibile commozione come Prisca e Aquila <per salvarmi la vita hanno rischiato la loro testa> e aggiunge <a loro non io soltanto sono grato, ma tutte le Chiese del mondo pagano> (Rm 16, 4). Paolo evidenzia come il gesto di bontà e di solidarietà dimostrato verso la sua persona, è capace di creare una sorta di catena di gratitudine. Possiamo custodire con profonda attenzione l’invito del Signore: <Fatevi dunque degli amici…> (Lc 16, 9), perché il rischio è proprio quello di farsi dei nemici, come spesso accadeva ai farisei. Il Signore Gesù ci esorta non ad un pauperismo triste che rischia di abbruttire ed amareggiare la vita, bensì ci chiede di evitare accuratamente di diventare schiavi del denaro o di usare quest’ultimo per schiavizzare il nostro prossimo.
Davanti alla supponenza beffarda dei <farisei che erano attaccati al denaro> (16, 14), il Signore riporta questo aspetto così delicato e importante – irrinunciabile! – a un livello assai elevato: il rapporto con Dio nel segreto della coscienza ove siamo chiamati a fare le nostre scelte anche riguardo al modo di usare le nostre ricchezze o, semplicemente, le nostre disponibilità non solo economiche, ma anche di energie e di tempo. Per questo il Signore ci ricorda e quasi ammonisce: <Dio conosce i vostri cuori> (16, 15). A noi il compito di non ignorare ciò che c’è nel nostro cuore!
1. CLEMENTE D’ALESSANDRIA, Può un ricco salvarsi?
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