Speranza

XXII settimana T.O. –

Il breve testo paolino che apre la liturgia è, in realtà, di rara intensità ed è capace di mettere in chiaro quella che potremmo definire la sfida quotidiana per ogni discepolo del Signore Gesù: <purché restiate fondati e fermi nella fede, irremovibili nella speranza del Vangelo che avete ascoltato, il quale è stato annunciato in tutta la creazione che è sotto il cielo> (Col 1, 23). Di questa fermezza ed interiore irremovibilità si fa interprete il Signore Gesù che difende non solo i suoi discepoli dalle accuse mosse da alcuni farisei, ma quasi la creazione intera alla quale sono ridonati lo splendore originario e la lucentezza di cui il sabato è simbolo insostituibile fino a dire: <Il Figlio dell’uomo è signore del sabato> (Lc 6, 5). Con questa parola il Signore non reclama semplicemente un privilegio per se stesso, scivolando nel dinamismo tanto caro alle caste sacerdotali e dottorali di tutti i tempi e di tutti i luoghi circa il precetto e la sua dispensa, ma aiuta ogni persona a ritrovare il suo originario carattere di signoria e di libertà troppo facilmente identificato e stigmatizzato dai sacerdoti come relativismo e libertinaggio.

Ciò che il Signore ribadisce e riconsegna, ogni giorno, alla comunità dei discepoli, è il compito di testimoniare e di animare la <speranza del Vangelo> (Col 1, 23). Questa speranza non solo è capace di nutrire la nostra fiducia, ma arriva anche a rianimare la speranza della stessa creazione, recuperando – con tutte le creature e per tutte le creature – lo sguardo ammirato e stupito con cui il Signore Dio contempla gioiosamente la creazione appena uscita dalle sue mani… dal suo cuore. A noi è chiesto di porci, con atteggiamento colmo di meraviglia e di amore, proprio in questo luminosissimo interstizio in cui il Creatore si invera nelle sue creatura con rara soddisfazione e intimo godimento.

Le Legge e le varie prescrizioni non possono e non devono fare da ostacolo alla vita e alle sue esigenze che si manifestano, concretamente, nei bisogni più semplici e immediati come in quelli più complessi e profondi. Al contrario sono un mezzo per discernere continuamente, per sé e per gli altri, i cammini più adeguati a dilatare la speranza: <Non avete letto quello che fece Davide, quando lui e i suoi compagni ebbero fame?> (Lc 6, 3). Quando le sabbie mobili del ginepraio di prescrizioni e di paure rischiano di inghiottire la nostra libertà di figli non ci resta che protestare vivamente: <Ecco, Dio è il mio aiuto, il Signore sostiene la mia vita> (Sal 53, 6). La vera sfida non è quella di entrare in una sorta di ossessiva analisi di ciò che è permesso per distinguerlo da ciò che è proibito, ma la capacità di accogliere quel margine di libertà in cui siamo chiamati a maturare per assomigliare sempre di più al nostro Creatore. Dal Creatore siamo infatti chiamati ad imparare che la libertà non è mai un privilegio da riservare a se stessi, ma è sempre un dono da offrire a tutti… non solo a noi stessi come umani, ma anche alle altre creature che con noi condividono la gioia di abitare e abbellire la terra.

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