Un uomo
XXII settimana T.O. –
Il quadro introduttivo offerto dalla liturgia di ieri ci ha fatto sostare su quelli che sono i primi passi di Gesù in mezzo alla nostra umanità che, dalla sua parola e dai suoi gesti, può sperare la gioia sempre più grande di una salvezza ritrovata. Il quadro di oggi ci riguarda più da vicino visto che ciascuno di noi è chiamato a riconoscersi, almeno in parte, nella figura di <un uomo che era posseduto da un demonio impuro> (Lc 4, 13). In due quadri che si guardano come fossero esposti l’uno di fronte all’altro, viene messo in gioco tutto il dramma della salvezza nel cui dinamismo la presenza in mezzo a noi del Verbo fatto carne interroga la nostra umanità e ci obbliga a venire allo scoperto per tutto ciò che concerne il nostro modo di esporci fino ad accogliere il dono che ci viene fatto. Il fatto che quest’uomo si metta a gridare dando voce alla disperazione che la sola presenza del Signore Gesù crea nel suo cuore è per noi motivo di riflessione e di verifica interiore: <Basta! Che vuoi da noi, Gesù Nazareno? Sei venuto a rovinarci? Io so chi tu sei: il santo di Dio!> (Lc 4, 34).
La santità intesa come pienezza di umanità che fa sperare in una pienezza di vita mette in crisi il modo di vivere o di non vivere cui sembra la nostra umanità si abitui molto più facilmente di quanto si possa immaginare e desiderare. In realtà, l’uomo posseduto accusa il Signore di qualcosa che non è assolutamente vera. Infatti, <uscì da lui, senza fargli alcun male> (4, 35). Non è vero che il Cristo sia venuto a <rovinarci>, è vero, altresì, che la sua presenza è venuta a salvarci. Nondimeno ogni esperienza di autentica salvezza comporta un’esperienza reale di cambiamento e di progresso che, non lasciandoci, nello stato cui siamo abituati può sembrarci persino un’esperienza di morte o di rovina. L’apostolo Paolo ci mette in guardia da quella sorta di inedia spirituale che rischia, quasi inconsapevolmente, di farci scivolare nella morte dell’anima. Per questo ci esorta vivamente: <Non dormiamo dunque come gli altri, ma vigiliamo e siamo sobri> (1Ts 5, 6).
Dopo averci esortato a non lasciarci andare all’inedia dello spirito, l’apostolo ci ricorda una cosa fondamentale: <Dio infatti non ci ha destinati alla sua ira, ma ad ottenere la salvezza per mezzo del Signore nostro Gesù Cristo> (5, 9). Ciò che siamo chiamati a ricevere attraverso Cristo Signore è la <salvezza> senza mai dimenticare che ogni esperienza di salvezza, se autentica e duratura, comporta una sensazione di “rovina” di tutto ciò che rischia di essere il sistema delle nostre abitudini mortifere. Quando l’indemoniato riconosce nel Signore Gesù <il santo di Dio!> (Lc 4, 34) è come si dichiarasse una certa paura e un certo timore che questa santità si travasi nella sua vita. La risposta del Signore ci riguarda personalmente forse ben più di quanto immaginiamo a primo acchito: <Taci! Esci da lui!> (4, 35). Il primo passo, assolutamente necessario, per entrare in un dinamismo di salvezza efficace è un’opera di liberazione interiore capace di creare uno spazio di silenzio che permette la ricezione del dono rinnovato di un appello alla vita.
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