Liberati
XXX settimana T.O. –
Nel vangelo di quest’oggi la simbologia numerica assume un significato particolarmente importante con una rilevanza speciale. Subito l’evangelista Luca attira la nostra attenzione su <una donna che uno spirito teneva inferma da diciotto anni> e aggiunge alcuni particolari per darci un quadro il più possibile completo ed esaustivo della situazione: <era curva e non riusciva in alcun modo a stare diritta> (Lc 13, 11). Il numero <diciotto> non è altro che “tre volte sei” e nell’Apocalisse questa cifra sarà quella che indica il Satana (Ap 13, 18) che si mostra sempre più, acerrimo nemico dell’umanità chiamata a sperimentare in Cristo Gesù la pienezza della salvezza, che è sempre pienezza di vita. Davanti a questa donna che non riesce a passare dal sei al sette, ossia dalla quasi pienezza alla pura pienezza della relazione con Dio, che le permetterebbe di essere interamente e integralmente una creatura, il Signore Gesù sente la necessità di farsi carico del suo cammino e per questo la chiama a sé senza che ella gli chieda nulla: <Donna, sei liberata dalla tua malattia> (Lc 13, 12). Il modo con cui Gesù la chiama – <donna> – è rimando al mistero di tutta l’umanità (cfr. Gv 19, 26) – chiamata a ritrovare la pienezza della propria identità di relazione a Dio secondo quanto l’apostolo Paolo esprime con l’immagine dell’essere <figli di Dio> (Rm 8, 14).
Ben diversa è la reazione del capo della sinagoga che si lamenta con la folla e disapprova così indirettamente il modo di agire del Signore Gesù: <Ci sono sei giorni in cui si deve lavorare; in quelli dunque venite a farvi guarire e non in giorno di sabato> (Lc 13, 14). Per il capo della sinagoga la guarigione è una sorta di opera che non è degna di essere compiuta nel giorno di sabato, mentre sembra che per il Signore Gesù proprio il giorno di sabato rende più urgente di dare a questa donna la possibilità di guardare finalmente verso il cielo potendo finalmente <stare diritta> (13, 11). Il settimo giorno è quello in cui il riposo di Dio diventa un dono di gioia per ogni uomo e donna chiamati a partecipare alla soddisfazione del Creatore. È come se questa donna fosse stata legata per sei volte sei anni a uno stadio della propria vita di incompletezza senza mai poter raggiungere la pienezza del settimo giorno. È come se il senso dell’esistenza non potesse mai giungere a maturità, ma ricominciasse continuamente il proprio cammino senza giungere al fine della pace e del riposo.
Spesso la nostra umanità si trova nella condizione di questa donna in cui si rispecchia lo stato che Paolo definisce come quello di <debitori> (Rm 8, 12) mentre siamo realmente <figli adottivi> poiché non abbiamo <ricevuto uno spirito da schiavi per ricadere nella paura> (8, 15). Davanti alla reazione di questo capo della sinagoga che sembra voler far ricadere nella paura la gente quasi per timore che si illuda di poter essere guarita, il Signore dice parole molto forti: <E questa figlia di Abramo, che Satana ha tenuto prigioniera per ben diciotto anni, non doveva essere liberata da questo legame in giorno di sabato?> (Lc 13, 16). La risposta a questa domanda non si fa attendere: <se siamo figli> perché dovremmo essere curvi e rimandare la gioia della pienezza della vita, perché non dovremmo passare dal sei dell’incompletezza al sette della pienezza? Questo vale per noi stessi, ma vale altresì per tutti!




Il nostro è un D** che libera!
Gioia grande.🙂