Depressione
XXXIII settimana T.O. –
Compare oggi nella traduzione italiana di un testo biblico un termine che è molto familiare alla nostra esperienza e alle nostre vicissitudini: <depressione> (1Mac 6, 9). E il testo biblico parlandoci dell’epilogo della vita di Antioco, persecutore di coloro che volevano servire il Signore, così annota crudamente: <Il re …. si mise a letto e cadde ammalato per la tristezza, perché non era avvenuto secondo quanto aveva desiderato. Rimase così molti giorni, perché si rinnovava in lui una forte depressione e credeva di morire> (6, 8-9). Non solo la Scrittura ci parla della depressione facendoci così sentire meno soli e, per certi aspetti, meno originali rispetto a questo male oscuro che attanaglia l’anima riuscendo a devastare il corpo, ma ci svela pure la possibile origine di questo grave disagio: l’attaccamento a se stessi. La tristezza, infatti, per i santi Padri, è sempre il segno di un attaccamento a se stessi, al proprio punto di vista che diventa assoluto: l’idolatria dei propri <desideri> senza la disponibilità a purificarli e ad accettare che, talora, si realizzino pure i desideri degli altri.
In questo senso, da qualche parte, talora veramente nascosta e invisibile, si può nascondere – normalmente senza nostra colpa – un’idolatria di se stessi che, piuttosto di accettare di cambiare punto di vista e comportamento, invece di accettare gli inevitabili fallimenti della vita, opta per una morte – in tutti i sensi – che avviene nella <più profonda tristezza> (6, 13). Sì, in ciascuno di noi si nasconde un piccolo tiranno come Antioco che cerca, magari in modo assai inconsapevole ma non per questo meno pericoloso, di <impadronirsi> (6, 3) della vita invece di porsi a suo servizio. Assolutamente diverso è l’atteggiamento di quella <donna> (Lc 20, 32) il cui caso, i <sadducei> (20, 27), con grande disinteresse verso la persona di cui parlano, presentano a Gesù. Per i sadducei si tratta di capire – perché è attorno a questa logica che si organizza la loro vita – <di chi sarà moglie> (20, 33). Il Signore invece ribadisce che la differenza tra questo mondo e il nostro modo di pensare la vita, e il mondo e il modo di Dio, sta proprio nel superamento del bisogno di “prendere” per sé.
Di fatto, il Signore non risponde alla domanda dei sadducei circa il mondo a venire ma esorta ciascuno di noi ad entrare nella logica che presiede alla vita degli <angeli> e che ci fa <figli della risurrezione> (20, 36) già in questa vita: essa consiste nel non voler più <impadronirsi> (1Mac 6, 3) della vita altrui, quanto piuttosto nel mettere la propria vita a servizio di un incremento della vita di tutti. Questa donna si lascia prendere da <sette fratelli> (Lc 20, 29) senza opporre resistenza e, per certi aspetti, senza neanche entrare in depressione per questa sua attitudine a fare della propria vita un dono e non un profitto. Quando sentiamo serpeggiare nel nostro animo il sottile male della depressione, oltre a tutti i motivi per essere benevoli e pazienti verso noi stessi, chiediamoci pure da quali attaccamenti morbosi forse siamo chiamati a prendere le distanze per credere un po’ di più che <Dio non è Dio dei morti, ma dei viventi, perché tutti vivono per lui> (20, 38). Un modo – tra molti – per superare la depressione è quello di vivere per… come il Signore Gesù! Si potrebbe dire che il “povero” <Antioco> non ha compreso di essere figlio della risurrezione e si è talmente illuso di poter dirigere la sua vita fino ad immaginare di dominare il mondo da essere poi vittima di se stesso perché isolato in se stesso: <Rimase così molti giorni, perché si rinnovava in lui una forte depressione e credeva di morire> (1Mac 6, 9). In realtà era già morto!




Signore Gesù Cristo, Figlio del Dio vivo, abita oggi la nostra povertà con la gioia di spezzare e condividere col prossimo il dono della vita che non muore.
Amen
…” la tristezza…la depressione : un attacamento al proprio punto di vista che diventa assoluto…? ! ”
Ma, se il punto di vista è la condivisione della felicità, della pace, della giustizia per tutti in un mondo d’amore, di gioià , di rispetto…per non essere tristi vedendo ” la tristezza ” del mondo – libero di scegliere – bisognerebbe allora accettare veramente, la parte oscura della nostra umanità, l’imperfezzione, la potenza del male e diventare, in un certo senzo “indifferenti”, finch’è ad amare il “non- amore” (!)… facendo della nostra propria vita un dono, pregando e guardando “morire” i depressivi, nell’ attesa che ” tutti vivono per Dio”??!
La ” depressione” potrebbe anche essere la malinconia, la nostalgia, l’attesa di un mondo chiamato REGNO DI DIO