Attendere… con delicatezza

I settimana T.A. –

Non saremo mai abbastanza grati alla sapienza della liturgia per il fatto di donarci, puntualmente ogni anno, come capocordata nel cammino dell’Avvento un uomo così delicato come il <centurione> (Mt 8, 5). Nessuno può dire se è lo stesso che si troverà sotto la croce nel momento della morte del Signore e che riconoscerà nell’uomo appena spirato tra atroci tormenti, nientemeno che <il Figlio di Dio> (27, 54). Ci piace pensarlo e se fosse vero si potrebbe veramente dire che il cerchio si chiude gloriosamente attraverso la fede di un uomo che rese <ammirato> (8, 10) il cuore del Signore prima che il suo cuore trafitto per amore riempisse di ammirazione il cuore di quest’uomo. Da un uomo d’armi, abituato per ufficio a comandare e ancor più abituato ad essere se non temuto almeno obbedito, non ci si aspetterebbe tutta la delicatezza di cui ci testimonia il vangelo. Delicatezza nei confronti del suo <servo> (8, 6) per il quale chiede al Signore Gesù la guarigione, ma anche delicatezza nei confronti dello stesso Maestro a cui chiede di non scomodarsi di entrare sotto il suo <tetto> (8, 8) per non essere imbarazzato dalle dicerie che questo potrebbe creare tra i farisei e i pii devoti che ne scrutano ogni mossa e ogni gesto.

Cafarnao è una città malfamata agli occhi della gente devota in quanto è un crocevia di commerci ma pure di credenze e di religioni dove è più difficile, almeno restare fedeli a tutte le prescrizioni della legge e delle consuetudini. Eppure proprio con il coraggioso e delicato riserbo di questo centurione si compie la profezia del profeta il quale, pensando alla città santa di Gerusalemme, la immagina e la desidera non come un luogo riservato ai perfetti ma come il polo verso cui tutti sono intimamente e serenamente attratti. Senza reticenze e con grande entusiasmo Isaia sembra sognare: <il monte del tempio del Signore sarà elevato sulla cima dei monti e sarà più alto dei colli; ad esso affluiranno tutte le genti> (Is 2, 2). Il profeta sembra anche svelarci come questa ascensione sia espressione di un desiderio profondo e autentico di conversione: <perché ci indichi le sue vie e possiamo camminare per i suoi sentieri> (2, 3). Mentre muoviamo questi primi passi nella grazia della rinnovata attesa possiamo chiederci cosa può dare vigore ai nostri passi e cosa può renderli saldamenti e sicuramente orientati verso la méta.

Oggi possiamo accogliere proprio questo modo delicato con cui il centurione si rivolge al Signore e desiderare anche noi di dargli uno spazio salvifico nella nostra vita che sia rispettoso, discreto, attento, pieno di delicato riserbo accettando e amando di farci reciprocamente presenti senza chiedere troppo e sapendoci accontentare di ogni piccolo gesto di benevolenza. La <fede così grande> (Mt 8, 10) in realtà non è altro che una fede delicata e piena di riconoscenza per il fatto che qualcuno ci ascolti e si apra ai nostri bisogni. Ma prima di chiedere a Dio di fare questo per noi dobbiamo imparare a farlo noi stessi per Lui e per ogni persona che sentiamo nel bisogno e nella necessità. Entriamo in questo Avvento con delicatezza e la delicatezza sia il segreto di questo Avvento perché ci permetta di andare <con gioia incontro al Signore> (Salmo responsoriale).

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