Attendere… dalle fondamenta

I settimana T.A. –

La parola del profeta Isaia che apre la liturgia di oggi è un canto di esultanza: <Abbiamo una città forte; mura e bastioni egli ha posto a salvezza> (Is 26, 1). Un’esortazione di Origene ci può accompagnare lungo questa giornata: <Per questo motivo, prima che la tempesta si scateni, prima che soffino le raffiche di vento e i torrenti si gonfino, mentre ancora tutto è nel silenzio, dedichiamo ogni cura alle fondamenta della costruzione, eleviamo la nostra casa con le molteplici e solide pietre dei comandamenti di Dio>1. L’invito che il Signore oggi fa a ciascuno di noi è quello di prendersi cura di ciò che fonda la nostra vita permettendole di affondare le sue radici e le sue fondamenta nel mistero di Cristo a cui siamo chiamati ad aprire, anzi a spalancare, le <porte> (26, 2) della nostra vita. La <città forte> di cui parla il profeta può essere quella in cui si sperimenta la protezione amorevole di Dio ma può diventare – e su questo siamo chiamati a vigilare con attenzione e cura – anche la cittadella del nostro orgoglio e del nostro egoismo. Le due città possibili del profeta Isaia sono il frutto di due modalità possibili di essere discepoli e di cui ci parla il Signore stesso nella parabola: costruire sulla sabbia o sulla roccia.

Il segno della solidità della città interiore e della sua corrispondenza al disegno e al desiderio di Dio sta nel fatto che le porte di questa città sono aperte perché in essa – speriamo che ciò possa valere per ciascuno di noi – abita quella <pace> che è frutto di una profonda fiducia di cui si mostra capace solo e sempre <chi in te confida> (26, 3). Quest’oggi il nostro cammino di Avvento è chiamato a fare una sorta di salto di qualità ben significato dalla parola del Signore Gesù che – al cuore del discorso programmatico della montagna – attira la nostra attenzione sul fondamentale e fondante principio di una fedeltà e discepolanza che non siano teoriche, ma che sappiano tradursi in una pratica generosa e crescente: <Non chiunque mi dice: “Signore, Signore”, entrerà nel regno dei cieli, ma colui che fa la volontà del Padre mio che è nei cieli> (Mt 7, 21). Così ci viene svelato che le fondamenta della nostra casa devono affondare nei <cieli> di Dio e non nella paludosa terra dei nostri incerti egoismi.

Alla fine del suo vangelo, Matteo ci riporterà a questo confronto ineludibile con la capacità di dare carne e corpo alla nostra ricerca di Dio e saranno <i più piccoli> (Mt 25, 40. 45) e la nostra sensibilità nei loro confronti a rappresentare il criterio di discernimento della sua volontà. Allora non ci resta che affondare le radici della nostra sequela e posare le fondamenta del nostro desiderio nella quotidiana compagnia dei poveri che ci aprono le vie del regno dei cieli. Tutto ciò che in noi si oppone alla piccolezza e all’umiltà non fa altro che edificare quella città fantasma che non ha futuro perché appiattita su se stessa: <i piedi la calpestano: sono i piedi degli oppressi, i passi dei poveri> (Is 26, 6).


1. ORIGENE, Omelie su Luca, 26, 5.

1 commento
  1. Giuseppe
    Giuseppe dice:

    Mi piace pregare con voi con l aiuto delle vostre preghiere mi sveglio alle 6 circa e incomincio con l ufficio delle letture e così proseguo per quel che posso nei vostri pubblicati orari,grazie

    Rispondi

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