Accogliere… tra bende
San Giovanni evangelista –
La corsa notturna dei pastori che si recano a vedere il bambino posto nella mangiatoia secondo la parola rivolta loro dagli angeli, diventa oggi la corsa di Maria di Magdala, quella di Simon Pietro e, soprattutto, quella del discepolo amato. Egli è indicato significativamente come <l’altro> che <corse più veloce e giunse per primo al sepolcro>. L’evangelista, identificato dalla tradizione proprio con questo misterioso discepolo, annota in modo misterioso: <ma non entrò> (Gv 20, 4-5). Come Maria di Magdala che rimane all’esterno del sepolcro e là sarà raggiunta dal Risorto fino a poterne fare un’esperienza completamente nuova ed inedita, così l’altro discepolo che la tradizione ci fa festeggiare qualche giorno dopo il Natale, appena sente l’annuncio di Maria corre a perdifiato. Corre più veloce eppure si arresta davanti alla tomba in una pausa, non solo per attendere di Simon Pietro, ma soprattutto per entrare nel mistero di quello che sta avvenendo. Il discepolo si ferma quasi per annusare nell’aria, con la sua squisita e particolarissima sensibilità, i profumi della risurrezione e poterne riconoscere in modo chiaro e diretto – unico! – i segni: <e vide e credette> (20, 8).
Rileggere l’inizio della prima lettera di Giovanni nel contesto della sua festa che si colloca nei giorni del Natale ma con il linguaggio proprio della Pasqua è un’occasione unica per cogliere la totalità e l’interezza del mistero. Nella profondità del mistero noi stessi siamo chiamati ad entrare in prima persona per farne esperienza e diventarne testimoni, più che oculari, attendibili: <quello che noi abbiamo udito, quello che abbiamo veduto con i nostri occhi, quello che contemplammo e quello che le nostre mani toccarono del Verbo della vita> (1Gcv 1, 1). Ciò che avvenne davanti alla mangiatoia per i pastori e i magi, avviene davanti al sepolcro ormai vuoto di morte e pieno di vivida luce. L’incarnazione del Verbo che si fece <bambino avvolto in fasce, adagiato in una mangiatoia> (Lc 2, 12) a Betlemme diventa la carne del Risorto il cui profumo emana dalle bende che ne avevano avvolto il corpo straziato come fasce che ne proteggevano l’invincibile vita, ma che non hanno potuto in alcun modo trattenerlo.
Scoto Eriugena, monaco irlandese, così commenta: <La tomba di Cristo è la sacra Scrittura, nella quale i misteri della sua divinità e della sua umanità sono difesi, se posso dire, con una muraglia di roccia. Ma Giovanni corre più veloce di Pietro, poiché la potenza della contemplazione totalmente purificata penetra nei segreti delle opere divine con uno sguardo più acuto e più vivo>1. Molti secoli dopo e in un contesto storico drammatico, Edith Stein meditando sui misteri del Natale attraverso il filo della Liturgia annotava: <La presenza di Giovanni al presepio del Signore ci dice: vedete ciò che è stato preparato per coloro che si offrono a Dio con un cuore puro. Tutta la pienezza inesauribile della vita sia umana che divina di Gesù è magnificamente concessa loro in cambio>2. Ma il presepio e la tomba ci ricordano come questo dono di partecipazione alla vita divina sia avvolto nelle fasce di una semplicità e di un’inermità che richiede l’amore purissimo del discepolo amato <più veloce> nel cogliere i segni della rivelazione di Dio nella carne profumata e straziata del Verbo annichilito e impoverito per amore. Correre è ciò che fa una donna quando si accorge che è giunto il tempo di partorire…!
1. GIOVANNI SCOTO ERIUGENA, Discorso sul prologo di san Giovanni, 2.
2. TERESA BENEDETTA DELLA CROCE, Meditazione per il 6 gennaio 1941




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