Accogliere… attraverso gli occhi

Ottava di Natale

Le parole dell’apostolo Giovanni ci accompagnano in questo nostro cammino natalizio e, giorno dopo giorno, rischiarano la nostra comprensione del mistero. Perché questo avvenga è necessario che siano purificati i nostri occhi con il collirio di una più profonda accoglienza delle esigenze e delle conseguenze dell’incarnazione. La <spada> (Lc 2, 35) profetizzata da Simeone alla madre del Signore non è altro che la quotidiana accettazione del cambiamento radicale che la venuta nella carne e nella storia del Verbo di Dio ha creato in modo assolutamente incontrovertibile: <Chi dice di essere nella luce e odia suo fratello, è ancora nelle tenebre> (1Gv 2, 9). L’apostolo insiste sulla novità assoluta che rappresenta la rivelazione di Dio in Cristo Gesù ed è lui stesso ad insistere che questa novità non è assolutamente una moda passeggera, ma è il frutto di un lungo cammino senza il quale nessun riconoscimento e nessuna accoglienza sarebbero possibili: <non vi scrivo un nuovo comandamento, ma un comandamento antico, che avete ricevuto da principio> (2, 7).

Di questa continuità capace di assoluta novità il vecchio Simeone si fa oggi icona meravigliosa: un uomo autenticamente “antico” e così poco “vecchio”. Egli ha conservato l’agilità e la semplicità di un bambino senza essere rimasto un infante perché ha maturato – attraverso il tempo realmente vissuto – una sapienza, profondamente radicata nella terra del passato, si protende verso il cielo di ciò che avviene dentro e attorno a lui. Simeone è spiritualmente un parente stretto di Maria e di Elisabetta per la sua docilità allo <Spirito Santo> (Lc 2, 25. 27), ma è anche così simile a Giuseppe essendo come lui <uomo giusto e pio> (2, 25). Eppure, è così diverso da Zaccaria che, proprio nel Tempio verso cui si affrettano i passi e il cuore di Simeone, non fu capace di accogliere la parola di Gabriele tanto che gli fu necessario un lungo tempo di gestazione interiore per aprirsi ad una fede non passata, ma futura.

Mentre i giorni del Natale si susseguono e ci richiedono di lasciarci veramente cambiare e convertire dal mistero che contempliamo, da Simeone siamo chiamati ad imparare ad avere occhi per la vita e soprattutto di non trasformare la devozione spirituale – o sedicente tale – in cecità umana. Le dure parole di Giovanni: <Ma chi odia suo fratello, è nelle tenebre, cammina nelle tenebre e non sa dove va, perché le tenebre hanno accecato i suoi occhi> (1Gv 2, 11) sembrano essere profondamente redente nella vita di Simeone. Quest’uomo i cui <occhi hanno visto la tua salvezza> (Lc 2, 30) fino a farsi testimone di una <luce per rivelarti alle genti e gloria del tuo popolo, Israele> (2, 32) è per noi un maestro e una guida. Mentre ci lasciamo vincere dallo sguardo che poniamo sul bambino che ci rivela il volto del Padre, non possiamo non ricordare quanto abbiamo bisogno che i nostri occhi siano purificati da una luce che possiamo accogliere e mai possiamo generare da noi stessi.

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