Accogliere… da poveri
Ottava di Natale –
Anna è icona di tutti quei poveri che non solo hanno saputo attendere, ma che sono anche capaci di riconoscere e accogliere la realizzazione della loro attesa nei segni – poveri e reali – delle concrete visite del Signore. Nel Tempio, dove forse alcuni – accanto alla normalissima e umilissima famiglia di Nazaret – invocavano la venuta del Messia e fantasticavano sui modi e sui tempi della sua rivelazione ad Israele, Anna, invece, sa riconoscerlo fino ad accoglierlo tra le sue braccia ed indicarlo ai vicini. Mentre l’evangelista Luca ci dice quali sono state le parole di Simeone, di questa vedova ci narra soltanto che <si mise anche lei a lodare Dio e parlava del bambino a quanti aspettavano la redenzione di Gerusalemme> (Lc 2, 38). Chissà in quanti non avranno certamente ritenuto Anna una <profetessa> (2, 36), ma solo una vecchia visionaria un po’ fuori di sé. Tutto il cammino del Signore Gesù nel Vangelo secondo Luca – un cammino che va da Gerusalemme a Gerusalemme – è incastonato da due figure di donne vedove, capaci di indicare tutta la portata della novità del Vangelo.
Il digiuno e la preghiera sono stati capaci di scavare, nel cuore della vedova Anna, un posto comodo e spazioso per accogliere il Verbo fatto carne. Ciò non sarebbe accaduto se il suo sguardo fosse stato uno sguardo sospettoso su tutto ciò che non viene da se stessi e non corrisponde ai propri criteri e alla propria sensibilità. Possiamo veramente dire che Anna ha saputo incarnare, nella sua lunga vita, ciò cui esorta l’apostolo nella prima lettura: <Scrivo a voi, padri, perché avete conosciuto colui che è fin da principio> (1Gv 2, 13). Anna, da vera madre, anzi da nonna – e persino da bisnonna – si mostra capace di intuire la verità di questo bambino che, all’apparenza, è come tutti gli altri. Anzi, sarebbe meglio dire che è veramente “come” tutti gli altri, rivelandoci così il dono di misericordia e di grazia di un Dio che non è più da cercare, riconoscere e servire nella straordinarietà e sacralità del Tempio, ma nella realtà quotidiana e banale di ogni vita: <Quando ebbero adempiuto ogni cosa secondo la legge del Signore, fecero ritorno in Galilea, alla loro città di Nazaret> ed è là – e non a Gerusalemme – che <Il bambino cresceva e si fortificava, pieno di sapienza, e la grazia di Dio era su di lui> (Lc 2, 39-40).
Forse così possiamo capire meglio che cosa intenda l’apostolo quando esorta vivamente: <Non amate il mondo, né le cose del mondo!> (1Gv 2, 15). Dal mistero dell’incarnazione del Verbo e dalle persone che del Verbo fatto carne sono la famiglia allargata, possiamo e dobbiamo imparare ad amare l’ombra del quotidiano, preferendola sempre alle grandi luci dei templi in cui se si riflette la gloria di Dio, ombre che – al contempo – rischiano sempre di farci dimenticare un poco lo stile proprio di Dio. L’evangelista Luca sembra tenerci particolarmente a riconoscere ad Anna il ruolo di <profetessa>, richiamando così la nostra attenzione su un ministero irrinunciabile nella vita della Chiesa e dell’umanità, mistero che è capacità di riconoscere in ogni segno di vita – per quanto fragile, piccolo e oscuro – una rivelazione di Dio che esige tutta la nostra attenzione e l’intero nostro amore.




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