Accogliere… tra le braccia
Santo Stefano –
L’abate cistercense Elredo di Rielvaux contemplando il protomartire Stefano lo vede addormentarsi nelle braccia del suo Signore proprio come un ritornato bambino che, nel martirio, ritrova non solo la sua giovinezza ma il suo essere un piccolo del Regno. Di fatto siamo sempre un po’ destabilizzati dalla celebrazione di un martirio all’indomani della solennità così gioiosa della Natività del Signore. Eppure, la memoria di Stefano è ciò che ci aiuta a vivere il Natale come cristiani e non come pagani. Infatti, il gesto con cui Stefano porta a compimento la sua testimonianza è intimamente segnato da una fiducia e un abbandono senza i quali nessuna nascita e nessuna morte in Cristo sarebbero possibili. È lo stesso Luca, che ci offre i racconti più commoventi della nascita del Verbo nella nostra carne, ad offrirci il racconto della prima esperienza di martirio non solo per Cristo, ma secondo il Vangelo. Gli elementi per discernere e distinguere sono proprio la capacità di perdonare: <Signore, non imputare loro questo peccato> (At 6, 60) che sembra essere il frutto di una disponibilità a lasciarsi andare come un bambino nelle braccia di sua madre: <Signore Gesù, accogli il mio spirito> (6, 59).
Teresa Benedetta della Croce – Edith Stein – così commenta: <Vicinissimo al neonato Salvatore, vediamo santo Stefano. Che cosa ha valso questo posto d’onore a colui che per primo a reso al Crocifisso la testimonianza del sangue? Egli ha realizzato nel suo ardore giovanile ciò che il Signore ha dichiarato entrando nel mondo: “Mi hai dato un corpo. Eccomi, io vengo per fare la tua volontà” (Eb 10,5-7). Ha praticato l’obbedienza perfetta, che affonda le radici nell’amore e si manifesta all’esterno nell’amore. Egli ha camminato sulle orme del Signore in quello che per il cuore umano, secondo la natura, è forse la cosa più difficile, e che sembra addirittura impossibile>1.
Le parole di Teresa Benedetta della Croce confermano l’importanza di questa festa che tinge di rosso porpora i colori delle bianche lane natalizie. Il rischio è sempre quello di accomodarsi e non di lasciarsi scomodare dal mistero dell’incarnazione. Il Natale stesso come festa apparentemente così accomunante, in realtà è una spada che discerne profondamente ciò che è semplice consuetudine e ciò che invece è esperienza e adesione di fede. Le parole di Gesù sono lapidarie: <Il fratello farà morire il fratello e il padre il figlio, e i figli si alzeranno ad accusare i genitori e li uccideranno> (Mt 10, 21). Queste parole vanno meditate davanti al presepio per non rimanere insensibili dinanzi alla meravigliosa profondità del mistero dell’incarnazione che non è una semplice passeggiata, ma un dono così grande che ci rivela fino a che punto siamo amati da Dio e fino a che punto dovremmo amare per Dio tutti i nostri fratelli… perfino e forse prima di tutto i nostri nemici.
1. EDITH STEIN, Meditazione per il 6 Gennaio 1941.





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