Adatto

XXVI settimana T.O. –

La domanda che il re pone a Neemia in partenza per la terra di Israele dove cercherà di rimettere in piedi non solo il tempio e la città, ma anche tutto quello che essi simbolicamente rappresentano in realtà riguarda ciascuno di noi: <Quanto durerà il tuo viaggio?> (Nee 2, 6). Possiamo considerare che questo viaggio sia il nostro cammino di discepolato che esige l’interezza del dono e dell’impegno della nostra vita in tutto il meglio che essa ha e che può dare. Il viaggio interiore del nostro diventare, giorno dopo giorno, discepoli del Signore Gesù che ci richiede di chiederci fino a che punto il nostro cammino sia <adatto per il regno di Dio> (Lc 9, 62). Uno degli elementi di discernimento che il Vangelo sembra offrirci è proprio la capacità di vivere all’altezza del proprio desiderio. Non basta solo dire <Ti seguirò dovunque tu vada> (Lc 9, 57). Bisogna anche essere all’altezza e nella disposizione di vivere nella forma del futuro, in un atteggiamento di propensione e sincera accoglienza di ciò che sta per venire senza lasciare nessuno sguardo per il proprio passato per quanto sia chiaramente imprescindibile per il nostro presente come può essere la propria famiglia di origine. 

Il discepolo è chiamato a farsi in tutto simile al Maestro e per questo capace di guardare decisamente e fermamente avanti senza mai volgersi <indietro> (Lc 9, 62). Non si può essere veramente discepoli senza volgersi risolutamente verso l’avvenire che non significa oblio ma orientamento e consapevolezza. Il punto focale della parola del Signore Gesù, che riceviamo attraverso il Vangelo, non è l’invito a rifiutare i propri cari o a sentirsi esentati dai doveri più sacri dell’amore e delle pietà, ma è un invito a guardare con attenzione e con spietata onestà al nostro cuore per sapervi discernere il filo rosso dell’amore autentico e quello nero di un egoismo e narcisismo mascherati.

Diverso ed esemplare è l’atteggiamento di Neemia che, al cospetto del re, è capace di dichiarare con tutta umiltà e verità i suoi progetti e i suoi desideri tanto da fare esperienza della <mano benefica> (Nee 2, 8) di Dio che ne benedice le risoluzioni proprio perché, in prima persona, si è assunto tutta la responsabilità di ciò che ritiene buono e giusto. Di fatto la richiesta di Neemia comporta il lasciarsi alle spalle, la sicurezza e l’agiatezza della vita di corte per riprendere il cammino verso la terra dei padri per ricostruirvi il Tempio che diventa il simbolo della nostra vita continuamente da ricostruire alla luce delle esigenze del Vangelo. Questa fedeltà esige sempre il coraggio di non fare troppi calcoli o troppe previsioni, ma di mettersi in cammino con decisione ferma e disponibilità al rischio perché: <Nessuno che mette mano all’aratro e poi si volge indietro è adatto per il regno di Dio> (Lc 9, 62). Questa parola così forte del Signore Gesù non è una minaccia, e non è certo un modo per difendere se stesso, ma è il segno di un’attenzione ad ogni discepolo che viene preso sul serio in quello che è il suo desiderio ed è messo di fronte a tutte le conseguenze con serietà. Tre sfide che sono tre doni: la libertà dalle cose, dalle persone e, soprattutto, da se stessi. 

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