Attendere… paragonare

II settimana T.A. –

Il salmo responsoriale ci riporta in modo esigente alla necessità quotidiana di verificare non senza talora analizzare quali sono le linee portanti della nostra esistenza. Se la nostra vita assomiglia per molti aspetti a quella di un <albero> (Sal 1, 3), allora è necessario che le nostre radici si stendano <lungo corsi d’acqua> per poter dare nella stagione giusta i frutti che si attendono da noi. All’albero non sono concessi molti capricci: è necessario che stia al suo posto e che cerchi di ottimizzare la sua posizione per vivere e, possibilmente, dare ombra e conforto a chi cerca rifugio e nutrimento sotto le sue fronde. Il salmista non si accontenta di soffermare la sua attenzione sull’albero bello e fecondo, ma mette sotto i nostri occhi anche ciò che potrebbe succedere ad un albero pigro o capriccioso che diventa <come pula che il vento disperde> (1, 4).

La reazione del Signore davanti alle pressioni a cui è sottoposto, con cui si cerca da più parti e in più modi di obbligarlo a rivelare se stesso in risposata alle attese degli uni e degli altri non raramente contrastanti comincia con queste parole interrogative: <A chi posso paragonare questa generazione?> (Mt 11, 16). La risposta è che ogni generazione non esclusa la nostra continuamente corre il pericolo di essere <simile a bambini>. I Vangeli ci attestano un grande rispetto e una rara benevolenza del Signore Gesù nei confronti dei piccoli e in particolare dei bambini, ma in questo caso la parabola evoca l’aspetto più pesante e insopportabile dei bambini che sono i capricci: quelle richieste di attenzione che non solo sono eccessive, ma che sono pure violente, imponendosi come centro di gravitazione universale insensibile a tutte le altre necessità e alle altre urgenze.

Il Signore oggi ci richiama a <paragonare> noi stessi a dei bambini capricciosi a cui non va bene niente, perché in realtà non sanno neppure di che cosa realmente hanno bisogno: <Vi abbiamo suonato il flauto e non avete ballato, abbiamo cantato un lamento e non vi siete battuti il petto!> (11, 17). La parabola viene usata dal Signore Gesù per stigmatizzare un modo assai dannoso di fare continuamente paragoni – in questo caso si mette a confronto la parola e il comportamento del Battista con quello di Gesù – senza mai lasciarsi interrogare fino ad aprirsi ad un ascolto così vero da produrre in noi una profonda conversione. Allora la parola del profeta Isaia non può che essere percuotente: <Se avessi prestato attenzione ai miei comandi, il tuo benessere sarebbe come un fiume, la tua giustizia come le onde del mare> (Is 48, 18). All’immagine dell’albero si accosta quella del fiume e del mare! Stabilità e movimento sono indispensabili perché la vita fluisca, sia accolta come dono e ridonata come frutto. Questo esige un salto di qualità, una crescita che da bambini, piccini e capricciosi, che pensano di avere diritto sempre a tutta l’attenzione, ci renda degli adulti attenti che sanno entrare in una relazione da cui accettano di essere interpellati fino ad esserne autenticamente cambiati. Mentre i giorni dell’Avvento preparano il cuore al Natale sempre più vicino, la Parola di Dio ci chiede di affinare la nostra capacità di ascolto perché non ci capiti di non riuscire a vedere niente in quel bambino che attendiamo e che, così piccolo, non ha niente di <piccino>.

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