Giardiniere
XXIV settimana T.O. –
Non si può comprendere la parabola che troviamo nella liturgia di quest’oggi senza tenere nel dovuto conto ciò che l’evangelista pone come introduzione e chiave di interpretazione: <poiché una grande folla si radunava e accorreva a lui gente da ogni città…> (Lc 8, 4). Così pure non bisogna dimenticare i versetti immediatamente precedenti che abbiamo letto nella liturgia di ieri: attorno a Gesù non c’è un gruppo segregante – ci sono discepoli e discepole – e la sua presenza non è offerta in modo settario, ma in modo assolutamente inclusivo ed universale. Detto ciò, nel Vangelo non si respira aria di trasognata ingenuità o di irenico ottimismo e per questo il Signore Gesù mette in evidenza quali possono essere le conseguenze di uno stile inclusivo: come il seme quando viene generosamente seminato non incontra solo della buona terra o almeno non tutta la terra ha lo stesso grado di fecondità o di adeguatezza alle varie sementi, così pure la Parola di Dio se viene donata incondizionatamente non sempre potrà incontrare lo stesso grado di accoglienza. Tutto ciò che noi rischiamo di leggere come un problema nella ricezione del messaggio evangelico, lo stesso Vangelo ce lo fa cogliere come una normalità.
Per questo l’evangelista non si accontenta come gli altri evangelisti di parlare del <seminatore> e dei vari tipi di terreno che, bene o male, lo accolgono, ma fa menzione in modo esplicito e assai particolare del fatto che <uscì a seminare il suo seme> (Lc 8, 5). Tutti sappiamo che ogni seme porta in sé un potenziale di vita, è una promessa e apre ad un possibile incremento e alla novità. Ben prima e ben aldilà di quello che noi possiamo recepire c’è una sorta di estasiata ammirazione per il dono che viene elargito e che non è altro che <il suo seme>! Forse a ciò possiamo applicare quanto dice l’apostolo: <ti ordino di conservare senza macchia e in modo irreprensibile il comandamento, fino alla manifestazione del Signore nostro Gesù Cristo> (1Tm 6, 14). L’apostolo Paolo lo ricorda delicatamente, ma chiaramente al suo discepolo: <ti ordino di conservare e in modo irreprensibile il comandamento fino alla manifestazione del Signore nostro Gesù Cristo> (1Tm6, 14). La raccomandazione apostolica vale per ogni <seme> (Lc 8, 5) che viene affidato alla terra del nostro cuore di qualunque specie esso sia, purché sia capace di <ascoltare> (8, 8).
Non siamo semplicemente interpellati nel ritrovare e nel catalogare noi stessi in uno dei tipi di terreno di cui ci parla la parabola. In realtà se guardiamo attentamente dentro la terra del nostro cuore, della nostra mente, delle nostre emozioni, dei nostri bisogni, facilmente riconosceremo che ora possiamo riconoscerci nell’uno e ora nell’altro, magari raramente lo siamo contemporaneamente, ma non è difficile ritrovare le diverse tipologie, esaminando le nostre reazioni e le nostre chiusure. Il fatto che Maria di Magdala scambi il Risorto per un giardiniere è segno che Gesù conosceva quest’arte e la mette a frutto nei confronti del nostro cuore e delle nostre vite che forse sono ancora lontane dal tempo della semina e hanno bisogno ancora, e prima di tutto, di essere arate e concimate. Ma anche davanti a queste operazioni più faticose e sporchevoli il Signore non si tira certo indietro.
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