Invece
XXVII settimana T.O. –
Sentiamo tutto il peso unitamente ad una profonda comprensione per quella che è la reazione di un uomo che viene scomodato dall’appello del Signore per coinvolgersi nella storia e nella vita di persone così lontane e così estranee: <Giona invece si mise in cammino per fuggire a Tarsis, lontano dal Signore> (Gn 1, 3). C’è sicuramente una parte di noi che continuamente fugge lontano dal Signore ogni volta che prendiamo la via della fuga in relazione a tutto ciò che lega la nostra vita ad un cammino reale di coinvolgimento e di presa in carico di responsabilità. Sulla nave su cui Giona si imbarca per sottrarsi allo scomodo appello di andare a immischiarsi nella vita degli abitanti di Ninive senza nessuna garanzia di riuscita. Il potenziale profeta imparerà sulla sua pelle che cosa significhi non sentirsi legati gli uni agli altri da una dolce catena di solidarietà che si esprime in quella domanda accorata e imbarazzata: <Che cosa dobbiamo fare di te perché si calmi il mare, che è contro di noi?> (1, 11). La risposta di Giona è automatica: <Prendetemi e gettatemi in mare e si calmerà il mare che è ora contro di voi, perché io so che questa grande tempesta vi ha colto per causa mia> (1, 12).
Detto fatto, Giona sarà gettato in mare secondo quanto egli stesso ha detto di fare. Il testo però continua: <Ma il Signore dispose che un grosso pesce inghiottisse Giona> non solo <E il Signore parlò al pesce ed esso rigettò Giona sulla spiaggia> (2, 1-2). L’<invece> di Giona si scontra con il <Ma> di Dio. Quando Giona dice ai marinai di gettarlo in mare ragiona con la sua logica sufficientemente ferrea per non vedere che la possibilità di scaricare o di essere scaricati. Negli abissi del mare e nel ventre della famosa balena che tutti ci fa un po’ sognare, Giona deve imparare che c’è un altro modo di sentire e di reagire che non è quello di scaricare i problemi degli altri fuggendo davanti ad essi, ma di sapersene fare carico proprio come l’Altissimo che si prende cura e non abbandona.
La casualità dell’accostamento delle letture non potrebbe essere più felice. Giona sembra, infatti, un antesignano di quel <sacerdote> e di quel <levita> (Lc 10, 31-32) che davanti ad un uomo <mezzo morto> (10, 30) non si sentono né obbligati né spinti a fermarsi, ma passano <oltre> quasi per fedeltà alla loro “vocazione” e al loro “ministero” che non prevede incedenti sulla strada. Anche in questo caso risuona un altro <Invece>. Si tratta di <un Samaritano, che era in viaggio, passandogli accanto, vide e ne ebbe compassione> (10, 33). Come le correnti del mare e, ancor più, come le correnti del nostro cuore due <Invece> si incontrano e si scontrano. Vi è una parola che ci viene consegnata dal Signore Gesù e cui siamo chiamati a rispondere con la concretezza della nostra vita: <Va’ e anche tu fa così> (10, 37). Come il Samaritano certo, ma anche come Giona che mentre è chiamato a predicare la conversione deve fare prima di tutto un personale e radicale cammino di conversione che è una vera inversione di marcia nel modo di concepire e di rischiare la vita.
Lascia un Commento
Vuoi partecipare alla discussione?Sentitevi liberi di contribuire!