Misurare

XXV settimana T.O. –

La parola del profeta Zaccaria può aiutarci a leggere con un’intelligenza del tutto particolare le brevi, ma così intense parole del Signore Gesù che troviamo nel Vangelo. Continua, infatti, la catechesi ai discepoli attraverso cui il Signore cerca di aprire il cuore dei suoi al mistero pasquale: <Mettetevi bene in mente queste parole: il Figlio dell’uomo sta per essere consegnato nelle mani degli uomini> (Lc 9, 44). Questa sorta di protesta da parte di Gesù, cerca di arginare l’entusiasmo delle folle cui certo non è estraneo il sentimento dei discepoli che non solo si sentono lusingati dal successo pastorale del loro Maestro, ma pure immaginano e desiderano di poter essere partecipi di un suo eventuale trionfo messianico. Il testo è particolarmente chiaro e mette in tutta evidenza il rischio – mai veramente superato – di un malinteso che minerebbe la stessa missione di Cristo venuto a rivelare un volto di Dio per nulla compiacente con le nostre immaginazioni su di Lui: <Mentre tutti erano ammirati di tutte le cose che faceva…> (9, 43b); il Signore ricorda ai suoi il dovere di <misurare> (Zc 2, 5), in tutte le sue dimensioni ed implicanze, il suo mistero pasquale.

Potremmo chiederci, alla luce delle parole del profeta Zaccaria, quale potrebbe essere la <fune> da tenere sempre <in mano> per non perdere il contatto con la verità e le implicanze di un’autentica interpretazione del mistero di Cristo. Nel passo del vangelo di Luca, che leggiamo oggi nella Liturgia, è chiaro che l’elemento discriminante, da parte di Gesù, è la coscienza e quasi la volontà di <essere consegnato> (Lc 9, 44). Laddove le folle e i discepoli immaginano e si aspettano, da parte del Signore, un atteggiamento di potenza attiva e propositiva che estenda e in certo modo amplifichi quasi all’infinito <le cose che faceva>, il Signore Gesù contrappone la sua coscienza che si fa scuola di coscienza per i suoi discepoli, di essere venuto al mondo per rivelare altro… per dire Dio in modo compatibile con la sua essenza che è un amore sempre più <consegnato>.

In quell’ <uomo con una fune in mano per misurare> (Zc 2, 5) possiamo identificare noi stessi. Alla risposta per certi aspetti sbarazzina: <Vado a Gerusalemme per vedere qual è la sua lunghezza e qual è la sua larghezza>, corrisponde un invito a misurare, in un altro senso, quello della profondità abissale che è la consegna di sé umile ed inerme. Per questo il profeta rettifica: <Gerusalemme sarà priva di mura, per la moltitudine di uomini e di animali che dovrà accogliere> (2, 8). Nessuna difesa, bensì una pura e così disarmata consegna di sé da essere disarmante. Forse anche noi, come e più dei discepoli, abbiamo <timore di interrogarlo su questo argomento> (Lc 9, 45). Nondimeno, prima o poi, la vita ci costringerà a farlo e, forse, duramente, per <misurare> il nostro grado di compatibilità con il mistero di Cristo Signore che per noi si è <consegnato>. Il mistero che vela tutto ciò non può essere svelato dalla comprensione fredda dell’intelligenza, ma solo da una condivisione – piena ed esistenziale – del medesimo cammino di Gesù che rivela il Padre.

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