Per mezzo
XXV settimana T.O. –
Per due volte troviamo, nella prima lettura, la sottolineatura del fatto che il Signore si rivolge al suo popolo <per mezzo del profeta Aggeo> (Ag 1, 1 e 3). Si respira, in un momento delicato come sicuramente fu il tempo della ricostruzione del Tempio a Gerusalemme, un’atmosfera non solo di operosità e di entusiasmo, ma soprattutto – e fondamentalmente – si avverte una non trascurabile sensibilità e docilità. Perché la storia possa andare avanti e il cammino proseguire felicemente verso la sua meta, è necessario accettare tutte le mediazioni che si rendono necessarie e a cui bisogna prestare attenzione perché si possa attuare un sereno e fattivo discernimento. La mediazione del profeta evocata per due volte, anche per ben due volte si fa esortazione ad un’attenzione che si tenga lontana da ogni distrazione: <Riflettete bene sul vostro comportamento…> (1, 5 e 7). Siamo così posti in quella che è l’attitudine giusta se non vogliamo smarrirci sulla strada dei nostri desideri e dei nostri bisogni: ogni giorno siamo chiamati a porci davanti al mistero della vita e alle sue esigenze con attitudine ricettiva e accettando di dialogare e lasciarci interrogare e plasmare da tutte le mediazioni che la vita pone sul nostro cammino di ricerca.
Il rischio di cadere nella trappola di Erode è, infatti, sempre in agguato: <E cercava di vederlo> (Lc 9, 9). Questo però Erode lo desidera senza accettare di essere aiutato e guidato a vedere in modo giusto. Ciò esige sempre la disponibilità a lasciarsi smascherare e purificare dall’incontro con l’altro che, se autentico, non può che rivelarsi a noi stessi manifestando la necessità di un processo interiore di indispensabile purificazione e crescita. Non si può certo escludere a priori, in Erode, un desiderio di capire chi è Gesù; come del resto ci è attestato che “egli” ascoltava volentieri, fino a lasciarsi turbare dalla predicazione del Battista. Nondimeno, alla fine, risulta chiaro che, se anche Erode è curioso, non è tuttavia disponibile a lasciarsi disturbare dall’incontro. Persino al mattino del giorno della Parasceve quando incontrerà finalmente Gesù, non sarà capace di aprirsi all’incontro con il profeta di Nazareth preferendo approfittare di questa occasione per rinsaldare i legami politici con Pilato.
Erode è una figura che sta agli antipodi di quella del discepolo, la cui personalità si va formando, pagina dopo pagina, nello scorrere del Vangelo. Se il discepolo è colui che si lascia incontrare fino a lasciarsi coinvolgere nel cammino del Maestro, Erode, per quanto appassionato, rimane spettatore. Eppure non va dimenticato qualcosa di importante: nessuna vita può veramente giocarsi senza realmente coinvolgersi e impegnarsi personalmente. L’inquietudine di Erode è un modo per sfuggire alla sua paura di trovarsi davanti ad un altro profeta che lo metta di fronte alla verità della sua vita. Il re non vuole conoscere, ma vuole semplicemente inquadrare Gesù per potersene difendere e rendere la sua parola innocua e irrilevante per la sua esistenza e i suoi traffici.
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