Scambiare
XVII Settimana T.O. –
La memoria del popolo così viene rammentata drammaticamente dal salmo: <Si fabbricarono un vitello sull’Oreb, si prostrarono ad una statua di metallo; scambiarono la loro gloria con la figura di un toro che mangia fieno> (Sal 105, 19-20). Ciò che vive il popolo il quale fatica a conquistare personalmente il dono della libertà che gli è stato gratuitamente regalato, lo viviamo anche noi sempre inclini a scambiare la logica del <seme> e quella del <lievito> (Mt 13, 33) con qualcosa di molto più possente e rassicurante come può essere un <vitello> (Es 32, 19) che rappresenti <un dio che cammini alla nostra testa. Perché a Mosè, quell’uomo che ci ha fatto uscire dalla terra d’Egitto, non sappiamo che cosa sia accaduto> (32, 23). Ciò che il popolo non sopporta è di non vedere e quindi di non poter controllare il mistero dell’accompagnamento di Dio nel suo cammino. A questo si contrappone la parola del Signore Gesù che – quale nuovo Mosè – paragona <il regno dei cieli> ad <un granello di senape> (Mt 13, 31) le cui caratteristiche sono proprio il contrario dei quelle di un <vitello>. Infatti, <è il più piccolo di tutti i semi> (13, 32). Si tratta di accettare di vivere nella logica del mistero e non in quella della dell’evidenza. In realtà, il mistero regala e rafforza il dramma della libertà mentre l’evidenza – dando spazio all’idolatria – non può che renderci sempre più schiavi.
Come spiega Divo Barsotti: <E’ certo che il mistero è una verità nascosta, un segreto nascosto in Dio e rivelato ai santi, ma è principalmente il compimento, la realizzazione segreta di un piano di Dio. Il mistero prima di essere una verità astratta, è quindi una realtà concreta>[1]. Proprio per questo non può imporsi da se stesso, ma ha bisogno di essere accolto come dono e riconosciuto come compito affidato alle nostre mani e alla nostra intelligenza. Quando non abbiamo la pazienza di attendere il tempo necessario al lievito perché tutta la pasta <si fermenti> (Mt 13, 33) ecco che qualcosa si spezza nella nostra vita: <Allora l’ira di Mosè si accese: egli scagliò via le tavole e le spezzò ai piedi della montagna. Poi afferrò il vitello che avevano fatto, lo bruciò nel fuoco, lo frantumò fino a ridurlo in polvere, ne sparse la polvere nell’acqua e la fece trangugiare agli Israeliti> (Es 32, 19-20). La stessa cura con cui viene descritta l’<opera di Dio> (32, 16) viene accuratamente descritta la conseguenza della nostra opera che si oppone, per mancanza di pazienza e di sapienza, all’opera di Dio nella nostra vita. Eppure, non tutto è perduto, perché Mosè accetta di salire di nuovo verso il Signore per chiedere <il perdono> (Es 32, 30). A noi di accogliere e di lasciar radicare nella nostra vita il seme del regno dei cieli senza opporre resistenza alla sua lenta ma inesorabile e splendida crescita dentro di noi. Forse all’inizio è veramente <il più piccolo di tutti i semi> (Mt 13, 32) ma ciò non toglie che proprio la piccolezza possa racchiudere una forza che non viene da noi ma è <opera di Dio> (Es 32, 16). Forse è proprio questo il cammino di conversione che ci viene richiesto: la conversione alla piccolezza di Dio che si scontra con l’<idea preconcetta> di una grandezza che è solo la proiezione di un nostro bisogno e della nostra paura di essere piccoli.
1. D. BARSOTTI, Vie mystique et mistère lituirgique, Cerf, Paris 1954, p. 8.
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