Sguardo

XXIII settimana T.O. –

L’esortazione dell’apostolo Paolo si fa vibrante e assume un tono quasi di urgenza. Vi è un processo in atto nella nostra vita di discepoli che non solo non va arrestato, ma nemmeno bisogna in alcun modo ritardare. L’apostolo riassume questo cammino ineludibile e necessario alla vita di ogni credente con una sorta di rammemorazione: <vi siete svestiti dell’uomo vecchio con le sue azioni e avete rivestito il nuovo, che si rinnova per una piena conoscenza, ad immagine di Colui che lo ha creato> (Col 3, 9-10). Davanti alla bellezza esigente di un simile compito, la domanda sorge spontanea dal nostro cuore: <Come riuscire a dedicare tutte le nostre migliori energie a questo compito ineludibile di trasformazione interiore così da recuperare nella nostra vita e per la nostra vita l’immagine divina impressa nel più profondo della nostra umanità e che, pure, talora sembra così lontana dal nostro modo concreto di sentire e di vivere la nostra umanità?>.

Possiamo cogliere la risposta a questa domanda fondamentale negli <occhi> del Signore Gesù che si levano <verso i suoi discepoli> (Lc 6, 20) accendendo nei loro cuori la voglia di rimettersi ogni mattina alla sua sequela: <Beati voi, poveri… Ma guai a voi ricchi>! La versione lucana del testo più famoso di Matteo, ha il pregio di farci sentire in modo ancora più forte l’urgenza di un cammino di conversione che comincia e ricomincia ogni mattina con una sorta di esposizione. Si tratta, infatti, di esporre continuamente la nostra maniera di vivere allo sguardo di Cristo per lasciarci trasformare fino a rinunciare a tutto ciò che in noi può fare da ostacolo alla sua grazia. L’apostolo riprende i cataloghi dei vizi e delle virtù in voga ai suoi tempi ed esorta vivamente: <Fate morire dunque ciò che appartiene alla terra: impurità, immoralità, passioni, desideri cattivi e quella cupidigia che è idolatria> (Col 3, 5).

Il Signore Gesù ci indica la via regale perché questo processo di intima ed efficace trasformazione possa realmente compiersi nel cuore di tutti i suoi discepoli, non esclusi e primi fra tutti, coloro che ha appena chiamato ed eletto come <apostoli>. Il cammino è quello delle beatitudini che per Luca comprende la memoria del fatto che se si resta fuori da questo cammino tutto può diventare più complicato poiché ci si ritroverebbe nella logica della menzogna con se stessi e con gli altri. Non si tratta certo di canonizzare la miseria, ma di ricordare al cuore di tutti che il modo autentico di porsi nella vita è quello del povero che non pretende, ma attende per cui <rivolgete il pensiero alle cose di lassù> (Col 3, 2) per comprendere meglio e usare al meglio <quelle della terra>. Potremo leggere le beatitudini nello sguardo di Gesù prima di tutto alla cui luce potremo dare una nuova luminosità al nostro stesso sguardo attraverso cui saremo capaci di rivelare il nostro cuore. Normalmente si levano gli occhi verso il cielo – in atteggiamento sacerdotale – invece il Signore alza gli occhi verso i suoi discepoli manifestando così di essersi messo al di sotto di loro fino a riconoscere nei più poveri e nei più piccoli il luogo autentico della benedizione e della rivelazione dell’<uomo nuovo> di cui egli è l’archetipo. Non siamo chiamati a diventare certo la copia di nessuno, nemmeno di Gesù di Nazaret, ma la sua parola e i suoi gesti ci aiutano a camminare senza deviare verso il comodo e la superficialità.

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