Sapienza
Santissima Trinità –
La liturgia della Parola di questa solennità ricapitolativa di tutto l’anno liturgico esordisce con queste parole: <Così parla la Sapienza di Dio!>. Senza tradire il testo potremmo trasformare queste parole e dire: “Così parla l’Amore di Dio”. Dopo le intense settimane della Quaresima e della Pasqua culminate nella celebrazione della Pentecoste, siamo chiamati ad immergerci nel Mistero che origina i misteri che celebriamo e da cui attingiamo come credenti la linfa della fede, della speranza, della carità. La Sapienza-Amore sembra cantare nello stupore della tenerezza più grande: <Dall’eternità sono stata formata, fin dal principio, dagli inizi della terra> (Pr 8, 23). E quando la Sapienza fatta carne, fatta voce, fatta dono di vita fino all’estremo del dono pasquale parla di se stessa, in realtà, non riesce che a parlare di altri: <Quando verrà lui, lo Spirito della verità vi guiderà a tutta la verità…> (Gv 16, 13). La verità cui lo Spirito ci guida interiormente non è un concetto, ma è la porta di una relazione possibile e desiderata: <Egli mi glorificherà, perché prenderà da quel che è mio e ve lo annuncerà. Tutto quello che il Padre possiede è mio: per questo ho detto che prenderà da quel che è mio e ve lo annuncerà> (Gv 16, 14-15).
L’apostolo Paolo sembra cercare di far crescere i cristiani di Roma in quella che potremmo definire la consapevolezza della mediazione senza la quale non ci può essere un’autentica esperienza di fede pasquale: <giustificati per fede, noi siamo in pace con Dio per mezzo del Signore nostro Gesù Cristo. Per mezzo di lui abbiamo anche, mediante la fede, l’accesso a questa grazia nella quale ci troviamo e ci vantiamo, saldi nella speranza della gloria di Dio> (Rm 5, 1-2). Nella misura in cui ci sprofondiamo nel mistero di Dio-Uni-Trino possiamo imparare ad accogliere il mistero di noi stessi e delle nostre relazioni in un modo sempre nuovo tanto da essere in grado di comporre in pacifica armonia le diverse dimensioni del nostro essere e del nostro entrare in relazione con gli altri e con l’Altro. La festa della Trinità nutre la nostra speranza di essere capaci di comunione per diventare capaci di unicità fino a portare il fardello di una solitudine solidale come le tre Persone divine la cui Sapienza è l’Amore e il cui Amore è l’unica versa Sapienza che <non delude>.
La ragione prima e ultima di questo dinamismo è riassunta ancora una volta dall’apostolo Paolo: <l’amore di Dio è stato riversato nei nostri cuori per mezzo dello Spirito Santo che ci è stato dato> (Rm 5, 5). Celebrare la festa della Trinità non è un invito ad adorare un concetto, ma ad entrare in un autentico dialogo d’amore con Dio per entrare in dialogo con i nostri fratelli e sorelle in umanità tanto da poter dire a nostra volta: <giocavo davanti a lui ogni istante, giocavo sul globo terrestre, ponendo le mie delizie tra i figli dell’uomo> (Pr 8, 30-31).
Il nostro Dio ci dice: “Io sto bene con te tanto da abitare dentro di te”! Tutta la vita ci è data per poter dire al nostro Dio: “Anch’io sto talmente bene con te da voler diventare come te”.
<La Trinità non è tre persone giustapposte, ma tre generosità che si donano reciprocamente in pienezza. Ciascuna delle tre persone non è per se stessa se non donandosi alle altre due. Ognuna delle Persone divine non è se stessa se non fuori di sé non c’è nessuna possibilità di alcun ripiegamento su se stessi>1.
1. F. VARILLON, Joie de croire, joie de vivre, Centurion, Paris 1981, pp. 139-140.
Lascia un Commento
Vuoi partecipare alla discussione?Sentitevi liberi di contribuire!