Attendere… la terra
18 Dicembre T.A. –
Il profeta Geremia aiuta il popolo a progredire nell’intelligenza del mistero della salvezza in cui si sperimenta la compagnia di Dio nella storia. Secondo le parole del profeta verranno giorni in cui la memoria fondativa dell’uscita <dalla terra d’Egitto> diventerà ricordo di un Dio che <ha ricondotto la discendenza della casa d’Israele dalla terra del settentrione e da tutte le regioni dove li aveva dispersi!> (Ger 23, 8). Ora per noi è necessario un passo ulteriore. Si tratta di passare da una concezione fisica e spaziale della terra a uno spazio di umanità, che permette al Verbo di farsi carne e, alla luce e nella forza di questo mistero di divina compagnia, crea la possibilità per la nostra umanità di essere sempre più uno sprazzo di cielo, uno spazio così squisitamente umano da essere divino. Questa <terra> vergine, nel senso di assoluta apertura e accoglienza, è l’umile ragazza di Nazaret, Maria, che <si trovò incinta per opera dello Spirito Santo> (Mt 1, 18). Ma perché il Verbo possa radicare non solo nella carne della nostra umanità, ma pure nelle coordinate storiche e relazionali del nostro vivere umano è necessaria anche l’accoglienza di Giuseppe, il quale viene presentato dall’evangelista con queste caratteristiche: <era uomo giusto e non voleva accusarla pubblicamente> (1, 19).
Maurice Zundel commenta tutto ciò con accenti di alta poesia: <Di san Giuseppe non è giunta fino a noi nemmeno una parola. Questo silenzio ci è proposto nel vangelo in un’occasione unica, a proposito di quel grande dramma d’amore, il più grande dramma d’amore della storia, quando Giuseppe deve misurarsi con la maternità di Maria, di cui ignora la sorgente e l’origine. Matteo ha riassunto questa situazione in poche righe che sono un autentico capolavoro di discrezione, di pudore, di umanità e di amore. È questo che dà ai due sposi tutta la loro dimensione umana e divina, questo silenzio da una parte e dall’altra: silenzio di rispetto totale, questo silenzio di fiducia assoluta, questo silenzio sigillato dalla presenza stessa di Dio nel seno di Maria. È a questo punto che Giuseppe si è addormentato sulla sua determinazione e il suo dolore. Perché, in fin dei conti, questa donna egli l’ama come mai un uomo ha amato una donna. Egli si addormenta su questa risoluzione e sul suo dolore, il dolore di lasciarla, il dolore di affidarla al suo destino nel momento in cui avrebbe maggiormente bisogno della sua presenza e della sua protezione>1.
Eppure, le cose andranno diversamente e, infine, Giuseppe entrerà interamente nell’avventura umana di Dio fatto uomo. Sarà proprio Giuseppe a dare il nome a Gesù riprendendo il primo compito di Adamo nel paradiso quando fu invitato a partecipare all’opera della creazione dando un nome alle realtà che facevano bello e buono il mondo. Il Signore ha scelto un uomo, dalle mani callose ben compromesse con la realtà di questa terra per vegliare e guidare i primi passi del Figlio e iniziarlo a lavorare per la nuova creazione, quella che avviene non più tra cielo e terra, ma nella terra dei mansueti dove si gioca il destino di ogni cosa: il cuore. Con il suo silenzio di presenza e di amore tenace Giuseppe trasmetterà a Gesù il nome e la realtà insegnandogli i <gesti del mestiere> come diceva frère Christophe Lebreton <il servizio del cliente e del fratello> unita alla <preghiera del laboratorio>. L’Emmanuele imparerà da Giuseppe come essere <Dio con> le cose, la natura, i fratelli e le sorelle in umanità di cui Maria e Giuseppe sono le prime icone, le più vivibili e amabili che daranno il coraggio a Gesù di attraversare anche le situazioni e le relazioni meno vivibili e meno amabili di questa nostra terra.
1. M. ZUNDEL, Madre della Sapienza, Edizioni Corsia dei Servi, 1954.




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