Attendere… prima

II settimana T.A. –

Non dobbiamo dimenticare il contesto particolare in cui si pone la domanda posta dai discepoli al loro Maestro: <Perché dunque gli scribi dicono che prima deve venire Elia?> (Mt 17, 10). Stiamo scendendo dal monte della trasfigurazione per continuare il cammino verso Gerusalemme. La risposta alla domanda dei discepoli è tanto chiara quanto enigmatica: <Sì, verrà Elia e ristabilirà ogni cosa. Ma io vi dico: Elia è già venuto e non l’hanno riconosciuto> (17, 11). Nel cammino dei discepoli questo dialogo è molto importante! La parola che il Signore Gesù ci rivolge attraverso il Vangelo è importante anche per noi! Prima di tutto si tratta di rivedere le nostre categorie con cui siamo soliti abitare e ritmare il tempo: il riferimento ad un prima e a un dopo hanno senso solo per quello che ci permettono di vivere, e soprattutto di scegliere, nel momento presente facendo di ogni attimo della vita un luogo di accoglienza e di esperienza dell’eternità. Questo esige una continua vigilanza e una puntuale conversione di quelle che sono le nostre urgenze ritrovando continuamente l’orientamento sicuro della nostra vita che rende il nostro cammino di creature non un semplice vagare tra tempi e spazi sconosciuti, ma un vero processo di crescita ritmato da un serio inanellarsi di scelte libere e responsabili.

Nella catechesi del Signore Gesù sembra proprio che il primo passo per vivere tutto questo sia quello di scendere da ogni monte di trasfigurazione per assumere la pianura della realtà quotidiana e i combattimenti di ogni giorno: <anzi, hanno fatto di lui quello che hanno voluto. Così anche il Figlio dell’uomo dovrà soffrire per opera loro> (17,12). Questa seconda settimana di Avvento si conclude con una sorta di visione che fa intravedere dietro la grotta di Betlemme già la collina del Golgota e, alla luce della stella cometa, già possiamo indovinare l’ombra della croce. L’evocazione di Elia ci riporta alla necessità di fare ordine nel nostro stesso cuore tra esigenze e urgenze diverse per aprirci all’accoglienza di una parola che ci richiama all’essenziale: <tu sei stato designato a rimproverare i tempi futuri, per placare l’ira prima che divampi, per ricondurre il cuore del padre verso il figlio> (Sir 48, 10). A partire da questo testo sapienziale sembra proprio che lo spazio più adeguato ad accogliere il Signore sia quello di relazioni riconciliate e profondamente evangelizzate per essere purificate da ogni forma di egoismo e di paura. Come Gesù sul Tabor, trasfigurato in una comunione raggiante con Mosè ed Elia, così anche noi siamo chiamati a creare uno spazio di ritrovata armonia in cui possa rivelarsi la stessa gloria di Dio capace di <soffrire> (Mt 17, 12) per tutto ciò che disumanizza le nostre esistenze e i nostri rapporti personali.

Forse abbiamo già tirato fuori l’occorrente per preparare il presepe e l’albero di Natale… non dimentichiamo di recuperare qualche rapporto mancato o spento con il nostro prossimo perché sia una culla in cui la carne del Verbo possa serenamente riposare come tra le cose e le persone più amate. Se sarà così allora Elia sarà <già venuto> e tutto sarà di nuovo possibile. 

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