Dis-onesto
XXXI settimana T.O. –
Leggiamo uno dei testi più intriganti di tutto il Vangelo in cui il messaggio della salvezza si lascia mediare dal paradosso che si trova a conclusione della parabola e sempre un po’ ci sorprende non poco fino a destabilizzarci: <Il padrone lodò quell’amministratore disonesto, perché aveva agito con scaltrezza. I figli di questo mondo, infatti, verso i loro pari sono più scaltri dei figli della luce> (Lc 16, 8). Eppure, non bisogna sottovalutare un aspetto che sta sullo sfondo di questa parabola di certo assai “peperina”. Si tratta di una capacità di vivere e di approfondire la relazione proprio quando la vergogna e l’imbarazzo facilmente indurrebbero a nascondersi e a sottrarsi al confronto. Invece no, assolutamente no! Sembra che il messaggio sotteso, quello più profondo che stimola il nostro cammino di continua e rinnovata conversione, sia racchiuso nel fatto che nonostante la situazione sembra mettersi veramente male il padrone con semplicità e somma apertura: <Lo chiamò e gli disse: “Che sento dire di te?”> (16, 2).
La reazione dell’amministratore che viene qualificato come <disonesto> è, in realtà, di grande onestà. Prima di tutto perché non si giustifica, ma prende coscienza rivelandosi capace di guardare in faccia la realtà: <Che cosa farò ora…?> (16, 3). La soluzione che sembra la più naturale e la più affidabile è quella di intensificare i rapporti: <Chiamò uno per uno i debitori del suo padrone…> (16, 5). Soprattutto questo amministratore è capace di parlare a se stesso per portarsi oltre se stesso obbligando ad una sorta di verità sulla propria vita che invece di paralizzarlo nelle sue decisioni e azioni gli permette, invece, di andare più lontano. Di fatto ad essere lodata non è la disonestà, ma l’abilità a leggere la situazione con lucidità e a comprendere come ogni soluzione non può che passare attraverso un incremento di relazione: gli amici appunto.
Verrebbe da chiedersi come mai gli innominati denigratori si sono disturbati per denunciare questo amministratore. Viene quasi da pensare che a spingerli a questa denuncia ci sia oltre l’amore per la verità, pure una punta di gelosia per la capacità di quest’uomo a trovare sempre la via per dare il meglio e stare meglio. La domanda rimane aperta. In ogni modo si può azzardare ancora nell’interpretazione di questa parabola tra le più paradossali dicendo che la questione non è semplicemente l’onestà, ma l’integrità. Di questo sembra parlarci l’apostolo Paolo quando dice: <vi ho scritto con un po’ di audacia, come per ricordarvi quello che già sapete, a motivo della grazia che mi è stata data da Dio per essere ministro di Cristo Gesù tra le genti, adempiendo il sacro ministero di annunciare il vangelo di Dio perché le genti divengano un’offerta gradita, santificata dallo Spirito Santo> (Rm 15, 15-16). Non basta accontentarsi di essere onesti, è necessario essere pure scaltri nel cercare di trovare sempre il modo di portare avanti la speranza di una vita migliore per se stessi e per gli altri: equilibrio mai facile da creare e sempre difficile da mettere in pratica.




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