Visitati

XVI Domenica T.O.

La domanda che si pone il salmista: <Signore, chi abiterà…> (Sal 14, 1) illumina la lettura del vangelo di questa domenica. Questo testo non va letto in modo isolato, ma imprescindibilmente legato al testo che abbiamo letto e meditato la scorsa domenica. Il Signore Gesù che si presenta come il buon samaritano, capace di chinarsi sulle ferite di quell’uomo che <scendeva da Gerusalemme a Gerico> (Lc 10, 30) e lo conduce alla locanda perché possa essere curato fino a ristabilirsi, si fa oggi ospitare nella casa di Marta e di Maria. Il Signore Gesù si fa ospite, ma in realtà siamo noi ad avere bisogno della sua visita, più di quanto egli abbia bisogno della nostra accoglienza. Per interpretare il testo del Vangelo, la consueta sapienza della Liturgia ci mette nella giusta direzione, ridandoci la possibilità di leggere uno dei testi più belli delle Scritture Ebraiche: l’accoglienza, da parte di Abram, della visita dei misteriosi viandanti. L’attitudine più forte e più significativa che troviamo in lui è la sua prontezza che, ben prima di farsi fretta nel servire – e nel chiedere alla moglie Sarai e al suo servo di servire – è attesa vigilante <all’ingresso della tenda> perfino <nell’ora più calda del giorno> (Gn 18, 1). 

La cosa più importante non è la nostra accoglienza e il nostro modo di accogliere, bensì il fatto che Dio ci visita e il modo con cui egli lo fa. Con la sua consueta raffinatezza letteraria l’evanglista Luca fa seguire l’accoglienza nel <villaggio> (Lc 10, 38) di Betania, alla parabola del samaritano compassionevole. Quasi a dire che solo l’esperienza di una radicale compassione può renderci ospitali verso gli altri. Non solo, la presenza di Maria e il suo sedersi <ai piedi del Signore> per ascoltare la <sua parola> (10, 39), ci ricorda che, per quanto possiamo accogliere Gesù nella nostra vita cercando di rispondere ai suoi bisogni e necessità, è sempre Lui a darci le cose più importanti e a donarcele in pienezza. In tal modo il dittico del buon Samaritano che si ripropone in Marta, viene completato da quello di Maria e ci dà così una sorta di mappa interiore della vita del discepolo, il cui desiderio è quello di poter vivere, in prima persona, ciò che viene evocato dall’apostolo Paolo: <Cristo in voi, speranza della gloria> (Col 1, 27)

Il gesto così fine dell’accoglienza di Abramo e di Marta che si completa nell’atteggiamento più che accogliente di Maria, apre uno spazio di pace in cui il cuore di tutti – compreso quello dell’Altissimo – si rinfranca affinché tutti possano riprendere più serenamente il cammino della storia: una storia chiamata ad ospitare il cuore stesso di Dio che ci accoglie lasciandosi accogliere. Il questo modo non solo si rivela <il mistero nascosto da secoli e da generazioni> (Col 1, 26), ma questo mistero diventa il modello stesso della nostra vita in una libertà e in una carità non solo crescenti, ma sempre più profonde e serene. La parola del Signore Gesù ci aiuta a non dimenticare che libertà e carità non possono che essere l’espressione più pura di ogni personalità che, come l’amore, è sempre unica e quindi impossibile a ripetersi.

0 commenti

Lascia un Commento

Vuoi partecipare alla discussione?
Sentitevi liberi di contribuire!

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *