Il tuo nome è Partire, alleluia!

V Settimana di Pasqua –

La vita della Chiesa è contrassegnata, già all’inizio della sua avventura nella storia, da quella che si potrebbe definire una naturale alternanza di accoglienza e di rifiuto. Ciò che fa la differenza e assicura un futuro al cammino della prima comunità – e di ogni comunità che si voglia autenticamente fedele al suo Signore – è la capacità di partire e ripartire continuamente. Nonostante Paolo sia stato lapidato e trascinato <fuori della città> e persino sia stato creduto <morto> (At 14, 19) il suo slancio evangelico non soccombe. Infatti, mentre verrebbe già da pensare al funerale ecco che il testo continua perché la vita continua: <Allora gli si fecero attorno i discepoli ed egli si alzò ed entrò in città. Il giorno dopo partì con Barnaba alla volta di Derbe> (14, 20). A partire da questo, così denso degli Atti degli Apostoli, possiamo dire che la vita della Chiesa si fonda su due movimenti che rappresentano la sua struttura fondamentale: partire e ripartire <insieme> (14, 27). Per vivere questo dinamismo, che fa il mistero stesso della Chiesa e del suo ministero a favore della gioia di tutti la parola del Signore ci assicura dell’unica cosa necessaria: <Vi lascio la pace, vi do la mia pace. Non come la dà il mondo, io la do a voi> (Gv 14, 27).

Il segreto di una pace interiore è ciò che rimette continuamente in piedi i discepoli del Signore dando loro la forza di partire e di ripartire: <Attraversata poi la Pisidia, raggiunsero la Panfilia e, dopo avere proclamato la Parola a Perge, scesero ad Attalia; di qui fecero vela per Antiochia, là dove erano stati affidati alla grazia di Dio per l’opera che avevano compiuto> (At 14, 25-26). Questo viaggio attraverso terre e mari non è che l’espressione di un viaggio verso l’interiorità. Non solo sta ad indicare l’intensità di una relazione altamente significativa espressa dal Signore Gesù in termini toccanti: <bisogna che il mondo sappia che io amo il Padre, e come il Padre mi ha comandato, così io agisco> (Gv 14, 31). La lettura dei capitoli giovannei che precedono e preparano la pasqua del Signore sono una sorta di immersione nel mistero di intimità che intercorre tra il Padre e il Signore Gesù così forte da farsi dono per noi nella promessa di quello Spirito Consolatore che continua in noi ciò che fa la vita e la gioia del Cristo.

Il Signore Gesù sa e sente che il cuore dei discepoli è sconvolto e turbato, e questo lo induce a parlare loro di <pace>. Una pace che non significa affatto ripiegamento sui propri timori, ma un’apertura sempre più ampia alle sfide di un’esperienza così profonda da farsi annuncio e condivisione. Le parole appassionate del Signore Gesù, che preparano se stesso e i suoi discepoli alla sua Pasqua, sembrano farsi gesto e risoluzione nella vita dei discepoli che non si arrendono davanti a nessuna esperienza di persecuzione e di rifiuto quasi per una fedeltà insopprimibile ad un movimento interiore che li spinge ad andare avanti… sempre avanti. Quella della prima generazione di discepoli rappresenta una vera sfida per la Chiesa del nostro tempo, un modello di coraggio quasi infantile che sorprende e ammonisce. Sì, come dei bambini che si azzuffano, ma che si rialzano per continuare a giocare e ad azzuffarsi piuttosto che starsene fermi e immobili. Non è certo un caso che il Maestro continua ad esortare i suoi discepoli ad avere il cuore di un bambino… che non si arrende mai davanti alla possibilità di giocare… di mettersi in gioco.

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