Il tuo nome è Figlio, alleluia!

IV settimana di Pasqua

Le parole del Signore Gesù diventano assolutamente intime. Come abbiamo letto ieri, per introdurci nell’ascolto della pericope evangelica, il gesto della lavanda dei piedi rappresenta un momento di passaggio. Questo non solo a livello redazionale, ma in modo così esistenziale da rappresentare una vera Pasqua che anticipa e dice pienamente quello che sarà il dono della sua imminente passione. Il gesto del lavare i piedi è il riassunto di tutto ciò che il Signore Gesù ha condiviso finora con i suoi discepoli. Al contempo questo gesto è profezia di ciò che sarà manifestato a tutti nel momento della sua elevazione sulla croce. Il porsi ai piedi dei suoi discepoli come un servo è l’ultimo tocco di autorivelazione del Maestro che, in questo modo, immette tutti i suoi discepoli – di ogni tempo e di ogni luogo – nell’intimità della vita divina ove la legge è quella dell’amore supremo. Così le parole di Gesù, che seguono il suo gesto sponsale offerto alla nostra umanità, diventano più profonde, più intime e più rare.

Se l’evangelista Giovanni non ci riporta nessuna redazione della Preghiera del Signore – il Padre nostro – nondimeno troviamo dei passaggi in cui il modo di parlare di Gesù ci rivela la sua relazione unica -eppure comunicata a noi – con Colui che chiama dolcemente e in piena verità: <Padre mio> (Gv 14, 2). La sola evocazione del nome del Padre è come se aprisse il cuore ad una necessaria e consolante rassicurazione che si fa viva esortazione: <Non sia turbato il vostro cuore. Abbiate fede in Dio e abbiate fede anche in me. Nella casa del Padre mio vi sono molte dimore> (14, 1-2). Veramente Gesù è il Figlio che rivela Dio come Padre in un’intimità che non ha nulla a che spartire né con un intimismo malaticcio, né con un elitarismo settario. Nel momento della sua rivelazione a Maria di Magdala come Risorto dai morti, il primo dono pasquale sarà proprio questa meravigliosa coscienza che da Gesù è comunicata ai suoi discepoli e, attraverso i discepoli, è donata a tutti come pegno di eternità e di comunione divina: <Salgo al Padre mio e Padre vostro, Dio mio e Dio vostro> (20, 17).

Noi tutti siamo partecipi di questa elevazione della nostra umanità, nella risorta umanità di Cristo Signore. Se la domanda di Tommaso è comprensibile, la risposta del Signore Gesù è del tutto naturale: <Io sono la via, la verità e la vita. Nessuno viene al Padre se non per mezzo di me> (14, 6). Potremmo dire: nessuno diventa figlio del Padre se non per mezzo di me! E se lo siamo diventati <realmente> (1Gv 3, 1) allora non possiamo che onorare, nella concretezza e nella generosità della nostra vita, quella fraternità universale che Cristo Signore ci ha donato nel suo mistero pasquale. Alla luce di tutto ciò la parola degli apostoli continua ad attraversare la storia: <E noi vi annunciamo che la promessa fatta ai padri si è realizzata, perché Dio l’ha compiuta per noi, loro figli, risuscitando Gesù, come anche sta scritto nel salmo secondo: “Mio figlio sei tu, io oggi ti ho generato”> (At 13, 32-33).

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