Attesa
VI settimana –
Ci vuole tempo perché il diluvio rientri, ci vuole tempo, ma anche distanza, per vedere bene la realtà e poter riprendere a vivere senza dimenticare quello che la vita ci ha insegnato talora in modo assai doloroso. Si dice nel testo della prima lettura che Noè <attese altri sette giorni e di nuovo fece uscire la colomba dall’arca> (Gn 9, 8) e ancora <Aspettò altri sette giorni, poi lasciò andare la colomba> (9, 12). Le Scritture ci presentano in Noè la figura dell’uomo che ha un rapporto giusto con il tempo e con lo spazio e per questo è capace di attraversare i tempi più duri e di ricominciare in modo nuovo ad abitare lo spazio della creazione. Il diluvio che ha inghiottito la terra si ritira con calma, e l’asciutto riemerge lentamente. Che il diluvio sia durato un anno e dieci giorni, o solo quaranta giorni preceduto da una settimana e seguito da altre tre settimane, non ha molta importanza. Ciò che importa è che Noè ha saputo attendere tutto il tempo necessario e si è lasciato aiutare da quegli stessi animali che aveva salvato introducendoli nell’arca per capire che cosa stava succedendo attorno a sé e trasformarlo in preghiera: <Allora Noè edificò un altare al Signore… il Signore ne odorò il profumo gradito> (8, 20-21).
È difficile accettare i tempi lunghi necessari alla vita e la Parola ci aiuta ad entrare in questa attitudine facendoci contemplare la pazienza di Noé in cui si riflette la stessa <divina pazienza> (Rm 3, 26; 1Pt 3, 20). Il patriarca seppe portare un lungo tempo di attesa ben più lungo del tempo della stessa preparazione dell’arca e del tempo che durò il diluvio di acque. Non solo ci vuole tempo, ma anche molta calma per vedere e per comprendere <chiaramente> (Mc 8, 25). Da parte sua lo stesso Signore Gesù prende tempo per guarire il cieco. Si comincia con un primo tentativo che permette di vedere ma non così nitidamente. Si tratta, infatti, di vedere e di vedere <da lontano>. Perché uno possa dire di vederci non basta che possa vedere le cose avvicinandole a se stesso o avvicinandosi ad esse – come si fa con un trafiletto di giornale – ma ci si può vantare di una buona vista nella misura in cui si può guardare le cose rimanendo al proprio posto e lasciando che rimangano al loro posto.
Chiediamo al Signore un buon rapporto con il tempo e la pazienza di vedere a distanza senza troppo dover accorciare le distanze e accettando di essere ospiti discreti e gentili del tempo e dello spazio senza i quali la nostra vita mancherebbe delle coordinate per esistere. Continuamente il Signore chiede all’umanità quello che chiese a Noè e con ciascuno di noi si comporta come con il cieco di Betsaida: <lo condusse fuori dal villaggio…> (8, 23). Come Noè fu capace di mantenere la giusta distanza dai suoi contemporanei per rimanere interiormente libero di accogliere la parola di Dio e di farsi strumento di salvezza per i suoi fratelli e per l’intera creazione, così anche noi siamo invitati a seguire docilmente il cenno del Signore accettando di rimanere soli con lui perché egli possa veramente e profondamente guarirci. Ci vuole tempo, ci vuole spazio, ci vuole pazienza e fiducia perché il dono della creazione e della salvezza siano parte integrante e qualificante della nostra esperienza.