Il tuo nome è Altro, alleluia!
PENTECOSTE –
La promessa che il Signore Gesù fa ai suoi discepoli alla vigilia della sua passione oggi risuona al nostro cuore in tutta la sua forza e profondità: <Se mi amate, osserverete i miei comandamenti; e io pregherò il Padre ed egli vi darà un altro Paraclito perché rimanga con voi per sempre>. Ogni volta che facciamo esperienza di altro al di fuori di noi, ogni volta che ci apriamo all’altro… è Pentecoste. La maturità del dono pasquale di Cristo Risorto è come un frutto che finalmente si fa cogliere e, volentieri, si fa gustare per trasmettere ad altri quella vita che ha saputo accogliere in sé. Infatti, l’esperienza non certo vuole morire, con se stessa, ma, per sua natura, chiede di essere trasmessa gioiosamente. Meditando sul mistero della Pentecoste, Antonio da Padova così contempla: <Un rombo accompagna l’arrivo di colui che veniva ad ammaestrare i fedeli. Notate quanto questo si accorda con ciò che leggiamo nell’Esodo: “Appunto il terzo giorno, sul far del mattino, vi furono tuoni, lampi, una nube densa sul monte e un suono fortissimo di tromba: tutto il popolo fu scosso da tremore” (19,16). Il primo giorno fu l’Incarnazione di Cristo; il secondo fu la sua Passione; il terzo giorno, è la missione dello Spirito Santo. Questo giorno sta arrivando: si sente il tuono, si ode un suono fortissimo; i lampi brillano – i miracoli degli apostoli – una nube densa – la compunzione del cuore e la penitenza – copre il monte, il popolo di Gerusalemme>1.
In realtà, siamo al cinquantesimo giorno dopo la Pasqua di risurrezione, ma viviamo, ancora una volta e in modo ancora più intenso, la grazia del primo e del terzo, del settimo e dell’ottavo giorno che simbolicamente rimandano sempre ad un passaggio della grazia che ci permette di accogliere i doni divini per farli fruttificare nella nostra vita. La mattina di Pentecoste è per la Chiesa l’inizio del suo porsi al cuore dell’umanità come sale e come lievito, capaci di scomparire senza per questo essere assenti. Dopo il trauma della passione e lo shock della risurrezione, finalmente gli apostoli vengono spinti fuori dal cenacolo per rivelarsi come la Chiesa che sta sulla soglia ove l’incontro e il confronto generoso con l’altro è obbligato e desiderato. Proprio quando lo Spirito promesso dal Risorto finalmente <riempì tutta la casa dove stavano> (At 2, 2), i discepoli non sentono più il bisogno di trattenersi all’interno, ma vengono come catapultati all’esterno per farsi prossimi a tutti.
La vita irrompe come <un rombo dal cielo> (At 2, 2) perché viene da oltre noi stessi e le nostre storie penetrando magnificamente nella nostra esistenza! La vita fa irruzione come <come vento gagliardo> (2, 2) e penetra in ogni angolo più recondito del nostro cuore scuotendoci fin nelle pieghe più nascoste. La vita è come <lingue di fuoco> (2, 3) e si comunica a noi come particella divina che attende di assumere i tratti di un volto preciso, il nostro e un timbro speciale quello della <nostra lingua nativa> (2, 8) che ci definisce fino in fondo, consegnandoci all’altro in dono d’amore gratuito, totale… e in tutta la sua vulnerabilità. Portando a compimento i giorni della letizia pasquale, siamo richiamati all’urgenza di fare posto a quel principio Altro che è la presenza dello Spirito del Risorto al cuore della nostra vita di credenti, presenza che fa di noi il Corpo di Cristo, la Chiesa che non è mai per se stessa, ma per il mondo!
1. ANTONIO DA PADOVA, Omelie per la domenica e le solennità dei santi.
“Facciamo posto a quel principio Altro che è la presenza dello Spirito del Risorto al cuore della nostra vita di credenti”
Sì ,solo da lì possiamo divenire davvero Chiesa per il mondo!