Il tuo nome è Affitto, alleluia!

VII Settimana di Pasqua –

Alla vigilia di Pentecoste ci congediamo dalla rilettura annuale degli Atti degli Apostoli con quest’immagine apparentemente così prosaica, Alla eppure così densa di significato: <Paolo trascorse due anni interi nella casa che aveva preso in affitto e accoglieva tutti quelli che venivano da lui, annunciando il regno di Dio e insegnando le cose riguardanti il Signore Gesù Cristo, con tutta franchezza e senza impedimento> (At 28, 30-31). In questa vita siamo veramente tutti <in affitto> e sta a noi – al nostro impegno quotidiano – di trasformare il piccolo spazio della nostra esistenza in un luogo di accoglienza in cui la testimonianza discepolare possa fluire <con tutta franchezza e senza impedimento>. Gli Atti degli Apostoli si concludono con una nota di serenità e contrassegnati da una radicale fiducia nel mondo in cui siamo chiamati a vivere e testimoniare. Sappiamo tutti che ben presto per Paolo sarebbe stata la spada a recidere la sua testa come per Pietro, la tradizione attesta la crocifissione, eppure Luca vuole congedarsi dal lettore della prima parte della storia della Chiesa in modo sereno. Certo, potranno accadere cose anche molto dure, ma non c’è nessun contesto, per quanto possa essere sfavorevole, che possa impedire l’accoglienza e l’annuncio.

Alla vigilia di Pentecoste ci congediamo dalla rilettura annuale del Vangelo secondo Giovanni con una nota che, in realtà, invece di chiudere apre ad orizzonti infiniti di esperienza e di testimonianza possibili: <Vi sono ancora molte altre cose compiute da Gesù che, se fossero scritte una per una, penso che il mondo stesso non basterebbe a contenere i libri che si dovrebbero scrivere> (Gv 21, 25). Accanto a Paolo e Pietro ricompare la figura dell’altro discepolo <colui che nella cena si era chinato sul suo petto e gli aveva domandato: “Signore, chi è che ti tradisce?”> (21, 20). In questo modo delicato, ma così efficace, il quarto Vangelo ci ricorda come la storia di ogni discepolo è unica tanto da dover evitare ogni comparazione per essere invece fedeli fino in fondo a se stessi e al proprio personale cammino. La reazione del Signore alla domanda di Pietro non lascia dubbi: <Se voglio che egli rimanga finché io venga, a te che importa? Tu seguimi> (21, 22).

In questa vita siamo <in affitto> non solo per ciò che concerne l’esistenza, ma pure per quanto riguarda la nostra vita di discepoli del cui percorso non siamo padroni, ma umile e amorosi servitori. I primi passi della Chiesa dopo la risurrezione del Signore e la possibilità di riascoltare le parole di Gesù in particolare quelle pronunciate nel Cenacolo possono e devono fare di noi dei testimoni sereni e affidabili di quel dono ricevuto che esige la fedeltà e la passione di una sequela che si rinnova ogni mattina… come l’amore… come la vita. Già le fiamme della Pentecoste riempiono l’aria e il fuoco che abbiamo acceso nella notte di Pasqua si comunica a ciascuno con tutta la sua forza e in una differenza e unicità che sono il miracolo di cui siamo ancora responsabili finché egli <venga> a riprendere possesso della casa <in affitto> che siamo noi.

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