Povero

XI Settimana T.O. –

Il salmo con cui rispondiamo alla prima lettura ci aiuta ad assumere la nostra più profonda e promettente identità: <Questo povero grida e il Signore lo ascolta> (Sal 33, 7). Dopo averci consegnato la forma della preghiera, il Signore Gesù ci affida il criterio di discernimento per essere autentici nella nostra vita e nella nostra ricerca. Il primo criterio è lapidario: <Perché, dov’è il tuo tesoro, là sarà anche il tuo cuore> (Mt 6, 21). Ambrogio di Milano mette in guardia i suoi ascoltatori: <Tu sei ‘carceriere’ dei tuoi beni e non proprietario, tu che seppellisci il tuo oro sottoterra (Mt 25,25), sei il suo servo e non il suo padrone: “Là dov’è il tuo tesoro, sarà anche il tuo cuore”. In quest’oro, hai quindi sepolto il tuo cuore. Vendi piuttosto il tuo oro e compra la salvezza; vendi il minerale e acquista il Regno di Dio, vendi il campo e riscatta per te la vita eterna>1. Per fare questo è necessario assumere il secondo criterio facendo memoria di ciò che spiega ancora il Signore Gesù ai suoi discepoli: <La lampada del corpo è l’occhio; perciò, se il tuo occhio è semplice, tutto il tuo corpo sarà luminoso> (6, 22). 

Normalmente pensiamo che gli occhi ci servano per vedere le cose fuori di noi; invece, il Signore ci ricorda che l’occhio per essere un sano organo per cogliere ciò che avviene all’esterno deve essere, prima di tutto, un organo interiore capace di cogliere il reale che sta fuori di noi a partire da ciò che coltiviamo attraverso le scelte del cuore. Solo così potremo avere quella semplicità che è garanzia di libertà e di verità. L’apologia dell’apostolo Paolo ci fa comprendere come possiamo discernere il livello di semplicità e di luminosità del nostro cuore proprio a partire dal nostro grado di disponibilità ad impegnare realmente la nostra vita fino a rischiare di persona per ciò che sentiamo essere il <tesoro> irrinunciabile della nostra esistenza: <molto di più nelle fatiche, molto di più nelle prigionie, infinitamente di più nelle percosse, spesso in pericolo di morte> (2Cro 11, 23).

Come ricorda un maestro contemporaneo, quasi in contrappunto a quanto diceva Ambrogio di Milano: <Il cuore umano è complicato e instabile, ripiegato su se stesso fin dalla nascita. Niente di più instabile del nostro cuore che continua ad agitarsi senza sapere dove fissare la sua attenzione: cerca la felicità, poiché la gioia del cuore è la vita dell’uomo, ma spesso si sbaglia di oggetto>2. Tutta la vita ci è consegnata come l’occasione per dare pace e gioia al nostro cuore, permettendogli di esercitare la sua funzione fondamentale che è quella di scegliere ciò che desidera senza cedere all’illusione di ciò che, in realtà, riempie ma non sazia, acceca ma non illumina, brucia ma non scalda.


1. AMBROGIO, Su Nabaoth, 58

2. C. FLIPO, Jésus maitre de vie, Salvator, Paris 2010, p. 18.

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