Spirito di fede

X Settimana T.O. –

L’apostolo Paolo evoca il necessario <spirito di fede> (2Cor 4, 13) per poter vivere il proprio cammino spirituale e affrontare la gioiosa fatica delle proprie fedeltà. La fede come espressione profonda di legame con la presenza di Dio che anima e accompagna ogni passo della nostra esistenza è ciò che ci permette di custodire tutte le realtà importanti della nostra vita e, in modo del tutto particolare, quelle che sono il frutto delle nostre scelte come <un tesoro in vasi di creta> (4, 7). La duplice consapevolezza della preziosità e della fragilità di ciò che sta al cuore della nostra vita che non può darsi se non attraverso relazioni significative e impegnative dovrebbe darci la capacità di non desistere davanti alle difficoltà, ma di lasciarci interrogare dalle fatiche della vita così come ci lasciamo infiammare e ispirare dalle grandi emozioni e dai profondi sentimenti senza i quali la vita non meriterebbe questo, in verità, questo nome.

Lungi da noi assolutizzare nel senso di decontestualizzare la parola che il Signore Gesù dona a ciascuno di noi nel Vangelo di quest’oggi! L’insegnamento sull’<adulterio> (Mt 5, 32) si trova nel grande discorso della montagna con il quale il Signore insegna ai suoi discepoli ad accogliere i comandamenti di Dio nella loro formulazione tradizionale risalente al profeta Mosè non come dei macigni che stritolano la vita – normalmente quella degli altri – ma come cammini aperti di umanizzazione e di crescita in autenticità personale e fedeltà relazionale. Laddove, non solo in antico ma pure ai nostri giorni, ogni crisi relazionale – tra cui quella coniugale è la più forte a livello sia esistenziale che simbolico – rischia di risolversi nella ricerca di un colpevole e nell’incrocio penoso di accuse, il Signore Gesù si rivolge direttamente e, per certi aspetti, esclusivamente, al cuore di chi lo sta ascoltando: <Se il tuo occhio destro ti è motivo di scandalo… E se la tua mano destra ti è motivo di scandalo> (Mt 5, 29-30).

In questo modo il Signore Gesù ci chiede sempre di ripartire da noi stessi e dal più intimo del nostro cuore per comprendere bene che cosa vogliamo in verità e quale prezzo di dono e, necessariamente, di rinuncia, siamo disposti a pagare per essere fedeli prima di tutto non tanto all’altro cui abbiamo legato e talora consacrato la nostra vita, ma essenzialmente a noi stessi accolti non come mistero autoreferenziale, ma come mistero di comunione, di dono, di amore. Solo in questo contesto di radicalizzazione delle esigenze del cuore che è l’anima di tutto il discorso della montagna possiamo lasciarci interpellare senza trasformarla in una clava da abbattere sul nostro prossimo dalle parole del Signore: <chiunque guarda una donna per desiderarla, ha già commesso adulterio con lei nel proprio cuore> (5, 28). Tutti noi conosciamo la forza talora irruente del desiderio che è capace di incendiare il nostro cuore e di accendere i nostri sensi. Il Vangelo ci chiede la forza di saper nominare e dominare le nostre passioni disordinare per guardare chiunque non per desiderare nel senso di possedere ma per amare nel senso di liberare il cui primo segno è l’assoluto rispetto della sua libertà in <spirito di fede>.

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