Sposo

XI Settimana T.O. –

Gli accenti della prima lettura sono di rara intensità e risuonano in modo particolarmente toccante attraverso il pentagramma delle emozioni più sacre e più forti. Se all’inizio troviamo un’affermazione commovente: <vi ho promesso infatti a un unico sposo, per presentarvi a Cristo come vergine casta> (2Cor 11, 2), alla fine il testo diventa appassionato: <Cristo mi è testimone: nessuno mi toglierà questo vanto in terra di Acàia! Perché? Forse perché non vi amo? Lo sa Dio!> (11, 10). Queste ardenti parole dell’apostolo possono farci entrare nel mistero della preghiera che il Signore ci trasmette come un ministero di vita e di amore. Prima di donarci le parole della preghiera, che sono capaci di scavare nel nostro cuore lo stile evangelico della contemplazione imprescindibilmente legata alla purificazione del cuore e all’intercessione, il Maestro ci attrezza, per così dire, con la consegna di una sorta di condizione previa di ogni preghiera che sia secondo il cuore di Cristo: <Pregando, non sprecate parole come i pagani: essi credono di venire ascoltati a forza di parole. Non siate dunque come loro, perché il Padre vostro sai di quali cose avete bisogno prima ancora che gliele chiediate> (Mt 6, 7-8).

Con queste parole il Signore Gesù ci rivela che ogni umana preghiera è capace di raggiungere il cuore di Dio e farsi carico delle necessità e delle speranze di tutti nella misura in cui si riparte continuamente dalla consapevolezza di una cura di Dio che prima di essere richiesta e invocata va riconosciuta e accolta come la realtà che previene ogni nostra supplica tanto da orientare e rettificare ogni nostro desiderio. Secondo l’insegnamento e l’esempio del Signore Gesù, il primo passo della preghiera è di volgerci a Dio in modo preciso chiamandolo e riconoscendolo quale <Padre nostro> (6, 9). La consapevolezza e la gratitudine per il fatto di avere un <Padre> condiviso ci aiuta a condividere la vita tanto che le nostre stesse suppliche prima di essere rivolte a Dio perché ci soccorra e ci esaudisca, sono il modo più autentico per prendere coscienza di ciò che dobbiamo essere e fare gli uni per gli altri tanto che diventiamo ciò che domandiamo.

Se gli ultimi quattro capitoli della seconda lettera ai Corinzi vengono definiti <la lettera di lacrime> dell’apostolo che si sente umiliato e addolorato dall’atteggiamento dei cristiani di Corinto sedotti dalle mode spirituali del loro tempo, la preghiera insegnataci dal Signore Gesù crea uno stile di orazione radicalmente impastato con la vita e raggiunge la sua acme nella richiesta di perdono che si fa pronta disponibilità al necessario perdono. È la preghiera secondo il “Padre nostro” a rendere la nostra vita <vergine e casta> (2Cor 11, 29 in quanto capace di apertura assoluta e di dono incondizionato. La castità non va identificata semplicemente – si fa per dire! – con la continenza sessuale, ma con un atteggiamento di libertà nei confronti di se stessi e degli altri che apre spazi di dono autentico.

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