Il tuo nome è Custodia, alleluia!

VII Settimana di Pasqua –

Le ultime parole della prima lettura sono di certo già una prima conclusione – peraltro lasciata volutamente aperta dal redattore degli Atti degli Apostoli – del cammino dell’apostolo la cui situazione viene presentata da Festo ai suoi illustri ospiti: <Ma Paolo si appellò perché la sua causa fosse riservata al giudizio di Augusto, e così, ordinai che fosse tenuto sotto custodia fino a quando potrò inviarlo a Cesare> (At 25, 21). Festo crede fermamente di essere lui a tenere in custodia Paolo, ma gli sfugge che l’apostolo vive sotto una custodia ben più sicura di quella che prepara l’incontro con l’imperatore. Festo non riesce tanto a capacitarsi di ciò che è veramente in gioco: <ma non portarono alcuna accusa di quei crimini che io immaginavo; avevano con lui alcune questioni relative alla loro religione e a un certo Gesù, morto, che Paolo sosteneva essere vivo> (25, 19). Davanti a tutto ciò Festo non può che rimanere <perplesso> (25, 20). Infatti, il mistero della risurrezione del Signore non è un’evidenza da sbandierare, ma un’esperienza da assumere fino a lasciare che la sua logica trasformi radicalmente la vita.

Mentre il tempo pasquale si avvia verso il compimento della Pentecoste, ritorniamo ai luoghi amati dal Signore Gesù che evocano i cammini all’aria aperta sotto il sole di Galilea reso ancora più amabile e profumato dalla brezza del lago di Tiberiade. Il Risorto non è un concetto, non è un’astrazione, non è un fantasma… è un compagno di strada che interpella ancora una volta la libertà del nostro cuore per fare il punto del nostro essere discepoli nell’amore. La domanda si fa non solo seria, ma quasi scorticante dopo tutto quello che è successo nei giorni della Pasqua: <Simone, figlio di Giovanni, mi ami?> (Gv 21, 16). Comincia così uno dei dialoghi più difficili della storia in cui il Signore Gesù adatta il suo desiderio alla nostra capacità reale di rispondere e di corrispondere. Alla fine, è il Signore ad arrendersi a Pietro: <Simone, figlio di Giovanni, mi vuoi bene?> (21, 17).

Paolo e Pietro sono i nostri compagni privilegiati in questo ultimo scorcio del tempo pasquale. Queste due colonne su cui poggia la fede della Chiesa di Roma che presiede alla carità di tutte le Chiese, non sono né di uguale grandezza, né dello stesso spessore, né sono fatte dello stesso materiale umano. La Chiesa di Cristo in cui ciascun discepolo è chiamato a vivere la sua avventura di discepolato non ha un’architettura esteticamente perfetta, ma si rivela attraverso forme tanto imperfette quanto capaci di lasciarsi custodire e guidare verso lidi inimmaginati e verso destini non voluti eppure così amorevolmente assunti… almeno alla fine della corsa. Le parole di Gesù a Simon Pietro permettono di fare un salto magnifico che trasforma le tre domande in una sorta di dichiarazione d’amore non fatta di sentimenti e di slanci, ma di un semplice consenso alla vita che diventa consenso alla morte: <… e un altro ti vestirà e ti porterà dove tu non vuoi> (21, 18). L’ultima parola rifonda le prime e le porta a pienezza: <Seguimi>. Non c’è nulla da aggiungere e c’è tutto da assumere in una custodia dell’amore che rimane un mistero… insondabile e prezioso.

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