Dieci anni!

XII Settimana T.O. –

Nella prima lettura ci viene narrato uno dei passaggi più delicati della storia di Abramo: <Così, al termine di dieci anni da quando Abram abitava nella terra di Canaan, Sarài, moglie di Abram, prese Agar l’Egiziana, sua schiava, e la diede in moglie ad Abram, suo marito> (Gen 16, 3). Abram e Sarai sono stanchi di aspettare – come spesso capita anche a noi – e decidono così di arrangiarsi. Dieci anni sono un tempo lungo e compiuto e questo arco di tempo rappresenta la necessaria pazienza senza la quale nulla può veramente radicarsi e fondarsi stabilmente nella nostra vita. Sara pensa di trovare una soluzione, ma questa soluzione, che cerca di aggirare l’ostacolo di un’attesa percepita come infinita e inutile, non fa che creare ulteriore fatica e dolore per tutti. Di Agar si dice che <la sua padrona non contò più nulla per lei> (16, 4). Di Sara si dice che <la maltrattò, tanto che quella fuggì dalla sua presenza> (16, 6). Di Abramo non sappiamo bene cosa pensare visto che si limita a non intromettersi tra le due donne che sono ormai sue mogli e una delle quali porta in grembo un suo figlio: <Ecco, la tua schiava è in mano tua: trattala come ti piace>!

Il Signore, attraverso il farsi presente del suo angelo, non resta a guardare, ma si fa vicino cercando di salvare e custodire la vita pur nel rispetto di quelle che sono le inevitabili conseguenze dei nostri arrangiamenti: <perché il Signore ha udito il tuo lamento> (16, 11). Abramo non è ancora diventato l’<uomo saggio> (Mt 7, 24) di cui ci parla il Signore Gesù nel Vangelo. Per costruire <sulla roccia> bisogna prendere tutto il tempo per scavare al fine di evitare la <rovina> (7, 27). Nondimeno bisogna riconoscere ad Abramo tutte le attenuanti del caso! Non è facile sentire nel proprio cuore il crepitio del fuoco di una promessa e dover sopportare il gelo di un continuo rimando che fa disperare ormai di una vera realizzazione. L’esperienza di Abramo e l’insegnamento del Signore Gesù aprono anche le nostre vite alla pratica di una pazienza che non è semplice rassegnazione, ma che si fa preparazione delle condizioni di più ampie realizzazioni.

Nel frattempo, dobbiamo non solo imparare ad aspettare, ma pure siamo chiamati a portare il peso delle conseguenze di scelte non del tutto sbagliate, ma chiaramente claudicanti: <Agar partorì ad Abram un figlio e Abram chiamò Ismaele il figlio che Agar gli aveva partorito. Abram aveva ottantasei anni quando Agar gli partorì Ismaele> (Gen 16, 15-16). Eppure, nonostante i suoi ottantasei anni e i dieci anni intercorsi dal suo arrivo nella terra di Canaan, c’è ancora un lungo cammino di fede e di speranza da compiere. Così pure per noi, nonostante forse talora ci sentiamo di dire con una certa fierezza rassicurante: <Signore, Signore, non abbiamo forse profetato nel tuo nome? E nel tuo nome non abbiamo forse scacciato demoni? E nel tuo nome non abbiamo forse compiuto molti prodigi?> (Mt 7, 22) c’è ancora sempre molto cammino da fare per entrare nel mondo e nello stile di Dio. Come insegna Doroteo di Gaza ogni giorno dobbiamo ricominciare a costruire la nostra casa pietra dopo pietra: una pietra di pazienza, una pietra di compassione, una pietra di perdono, una pietra di vigilanza… senza dimenticare le pietre angolari della costanza e del coraggio1.


1. DOROTEO DI GAZA, Insegnamenti, XIV.

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