Di cuore

XXIX settimana T.O. –

L’apostolo Paolo continua la sua catechesi sulla grazia della libertà che esige di vivere nella libertà della grazia. Siamo di fronte ad un necessario e quotidiano discernimento che pure, bisogna riconoscerlo, non è così semplice ed esige una capacità di attenzione e di intelligenza. La domanda si fa urgente: <Come fare ad essere autenticamente liberi senza cedere a forme di libertinaggio assecondando il comodo e la superficialità?>. Nelle parole dell’apostolo possiamo trovare una guida per orientarci e districarsi nei meandri talora così complicati del nostro stesso cuore: <Rendiamo grazie a Dio, perché eravate schiavi del peccato, ma avete obbedito di cuore a quella forma di insegnamento alla quale siete stati affidati> (Rm 6, 17). Come spiega Romano Penna: <Paolo vorrebbe alludere al dato fondamentale di un’avvenuta trasformazione interiore compiuta nel credente dalla fede e dallo Spirito Santo, a cui segue poi anche una obbedienza etica>1.

Il Signore Gesù conferma questo principio ermeneutico con una frase che può anche destare un po’ di turbamento: <A chiunque fu dato molto, molto sarà chiesto; a chi fu affidato molto, sarà richiesto molto di più> (Lc 12, 48). Questa frase sibillina, che mette in crisi tutti i nostri parametri di giustizia, è la conclusione della risposta che il Signore Gesù cerca di dare al turbamento di Simon Pietro davanti all’invito ad essere oltremodo vigilanti: <se il padrone di casa sapesse a quale ora viene il ladro, non si lascerebbe scassinare la casa> (12, 39). Con questa <parabola> (12, 41) che sembra mettere in subbuglio il cuore di Pietro, siamo raggiunti personalmente al cuore della nostra ricerca e del nostro desiderio di essere discepoli il cui primo passo è una capacità di abitare il nostro cuore per coltivare un cammino di autentica libertà. La differenza tra la libertà discepolare e l’essere <schiavi> (Rm 6, 16) sta proprio in questa disponibilità e scelta di <dare la razione di cibo a tempo debito> (Lc 12, 42). Al contrario chi <cominciasse a percuotere i servi e le serve, a mangiare e a ubriacarsi> (12, 45) non potrà che essere escluso dal flusso della grazia che è sempre legata alla capacità di servire e di prendersi cura <di cuore>. 

Vi è una sottigliezza nelle parole del Signore Gesù che non bisogna lasciar cadere. Sembra che la cura verso gli altri cominci e si radichi in una cura verso il Signore stesso: <Anche voi tenetevi pronti perché, nell’ora che non immaginate, viene il Figlio dell’uomo> (12, 40). Ciò che libera il nostro cuore e lo rende capace di fedeltà è il fatto di attendere veramente qualcuno senza essere prigionieri di se stessi ma come <viventi ritornati dai morti> (Rm 6, 13). Con questa parola un po’ misteriosa l’apostolo Paolo ci apre sulla realtà di una vita che sa decidere fino a saper attraverso la morte ai desideri disorientati per far sì che si faccia sempre più spazio al Desiderio che fa di noi dei discepoli liberi e fedeli.


1. R. PENNA, Lettera ai Romani, EDB 2010, pp. 458.459

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