Contemplare
XIII Settimana T.O. –
Le prime battute della prima lettura ci aprono ad uno sguardo assai particolare: <Quegli uomini si alzarono e andarono a contemplare Sodoma dall’alto, mentre Abramo li accompagnava per congedarli> (Gen 18, 16). Normalmente pensiamo sia l’uomo a mettersi in atteggiamento di contemplazione nei confronti di Dio e qui veniamo a sapere che è il Signore a porsi in contemplazione della vita di quanti vivono in Sodoma. Questo avviene subito dopo la splendida accoglienza che Abramo riserva ai tre visitatori cui corrisponde, al contrario, l’incapacità di accoglienza degli abitanti di Sodoma. Nel racconto si crea una meravigliosa tensione che assume i caratteri di una singolar tenzone. Infatti, anche Abramo si mette a contemplare la vita degli abitanti di Sodoma e si lancia in una serrata intercessione perché non accada che l’occhio catturato fino ad essere dominato dal male non sia in grado di scorgere la presenza anche di un solo <giusto> (18, 23).
Nella logica di questo meraviglioso racconto impariamo che contemplare è l’atto più efficace che possiamo porre nella storia e la contemplazione non è mai un’astrazione, ma la capacità di guardare fino i fondo senza mai fidarsi di ciò che salta all’occhio. L’Altissimo non se la sente di sembrare agli occhi di Abramo che lo ha accolto all’ombra della sua tenda con così grande premura un Dio che rischia di sterminare il giusto con l’empio e per questo si sente in dovere di dialogare e persino di farsi verificare dal suo servo Abramo: <Devo io tenere nascosto ad Abramo quello che sto per fare, mentre Abramo dovrà diventare una nazione grande e potente e in lui si diranno benedette tutte le nazioni della terrà?> (18, 17-18). Così il dialogo si fa pressante e altamente esigente fino alla sua conclusione che, in realtà, ha più il sapore di una conclusione: <Come ebbe finito di parlare con Abramo, il Signore se ne andò e Abramo ritornò alla sua abitazione> (18, 33).
Alla luce di tutto ciò possiamo intendere meglio ciò che troviamo nel Vangelo: <vedendo la folla attorno a sé, Gesù ordinò di passare all’altra riva> (Mt 8, 18). Per comprendere il senso di questo desiderio del Signore, l’evangelista Matteo chiede di misurare il nostro desiderio di sequela con la nostra disponibilità a ad andare ben oltre i nostri progetti di sequela per aprirci ad orizzonti di totalità: <Seguimi, e lascia che i morti seppelliscano i loro morti> (8, 22). Una parola simbolica che non riguarda i <morti> che è più che doveroso seppellire, ma riguarda i vivi che non riescono a salpare verso gli spazi della vita e rimangono incagliati nei porti tanto sicuri quanto mortiferi: l’urgenza è di vivere che passa attraverso la scuola non informativa ma formativa della preghiera che è una <prodigiosa distilleria dell’invisibile>1.
Lasciamoci contemplare, lasciamoci trasformare, lasciamoci perdonare!
1. Ph. MAC LEOD, Avance en vie profonde, Ad Solem, Genève 2012, p. 52.
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