Il tuo nome è Piano, alleluia!

II Settimana di Pasqua –

Dopo una nervosa discussione nel Sinedrio per mettere a tacere gli apostoli, il lungo intervento di Gamaliele sortisce l’effetto di attenersi al suo saggio <parere> (At 5, 39). Questo saggio maestro ebbe il privilegio di educare l’ardente Saulo seminando nel suo cuore non solo la radicalità della devozione secondo la tradizione dei padri, ma pure una segreta apertura da cui è passato il lievito del Vangelo di Cristo che ha reso il suo insegnamento un nutrimento sostanzioso per generazioni di credenti. La saggezza di Gamaliele nasce da un cuore capace di leggere con onestà e lealtà la realtà senza illudersi di poter piegare il corso della storia alle proprie visioni né tantomeno di dirigerlo attraverso le proprie paure: <Se infatti questo piano o quest’opera fosse di origine umana verrebbe distrutta; ma se viene da Dio non riuscirete a distruggerli. Non vi accada di trovarvi addirittura a combattere contro Dio!> (5, 38-39). Gamaliele è un uomo <stimato da tutto il popolo> (5, 34) che oggi diremmo essere un vero pastore che non approfitta della sua posizione, ma rimane un autentico discepolo che si lascia interrogare dalla storia e si lascia sorprendere dal <piano> di Dio che raramente segue i nostri tempi e i nostri modi. Gamaliele è un rabbino che non è caduto nella trappola del “clericalismo” che, come ebbe a dire papa Francesco all’inizio del suo ministero, rischia di essere <untuoso e presuntuoso>1.

Il Signore Gesù, della cui parola e dei cui gesti gli apostoli si fanno continuazione e attuazione nella storia, potremmo dire essere della “scuola di Gamaliele”. Il lungo capitolo sesto di Giovanni in cui il Cristo definisce se stesso come <pane> comincia con una nota e con una domanda. La prima nota riguarda il suo sguardo che si rivela attento e decentrato da se stesso: <vide che una grande folla veniva da lui> (Gv 6, 5). Questo sguardo di attenzione che i sinottici identificano con la <compassione> (Mc 6, 34) si fa interrogazione: <Dove potremo comprare il pane perché costoro abbiano da mangiare?> (Gv 6, 5). Questo duplice movimento di constatazione e di interrogazione è l’anima stessa della vita della Chiesa fondata sulla logica eucaristica che il Signore ci propone in questo capitolo giovanneo che leggiamo ogni anno durante il tempo pasquale. La comunità dei discepoli del Signore vive la sua relazione con il Maestro come un luogo di passaggio della compassione che va da Cristo a tutti coloro che hanno bisogno di attenzione e di cura. Ogni giorno la Chiesa è chiamata a rinascere attraverso la celebrazione dell’Eucaristia a questa sua vocazione fondamentale e fondante che dal sacramento continuamente passa all’esistenza di tutti.

Vi è una terza nota che non va sottovalutata per evitare che l’Eucaristia perda il suo senso più profondo: <Ma Gesù, sapendo che venivano a prenderlo per farlo re, si ritirò di nuovo sul monte, lui da solo> (Gv 6, 15). Non c’è nessuna possibilità di guadagno, ma solo di perdita. Non sarà mai “re” come si aspetta la gente… come noi stessi ci aspetteremmo e desidereremmo (1Sam 8, 20). Quel <ragazzo> (Gv 6, 9) di cui Andrea parla al Signore Gesù è l’unico che si trova già nel piano di Dio e che invece di esprimere un <parere> (At 5, 39) compie un gesto che crea uno stile… lo stile eucaristico, lo stile evangelico.


1. Messa Crismale del 2014

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