Faticato

XXII settimana T.O. –

La parola di Simone è capace di dire tutta l’attesa del suo cuore: <Maestro, abbiamo faticato tutta la notte e non abbiamo preso nulla; ma sulla tua parola getterò le reti> (Lc 5, 5). In queste parole di colui che sarà chiamato ad essere primo tra gli apostoli senza certo essere migliore di nessuno di loro, possiamo cogliere prima di tutto una sana accettazione della realtà: Simone constata il fatto che la fatica di una notte di veglia nella speranza di pescare qualcosa non ha portato il frutto sperato, ma non incolpa nessuno di questo. Nel cuore di quest’uomo chiaramente affaticato è rimasta accesa la speranza che qualcosa possa ancora avvenire: <sulla tua parola getterò le reti>! La parola dell’apostolo Paolo nella prima lettura può essere ben applicata a Simone: <Resi forti di ogni fortezza secondo la potenza della sua gloria, per essere perseveranti e magnanimi in tutto> (Col 1, 11).

Di Simon Pietro i Vangeli non tacciono le fragilità e le paure, ma sembra che il suo cuore sia capace di una magnanimità capace di dare speranza al Signore Gesù che proprio quest’uomo <peccatore> (Lc 5, 8) possa assicurare il ministero della riconciliazione in una unità sempre rinnovata e ritrovata. Infatti, quando il Signore Gesù <lo pregò di scostarsi un poco da terra> (5, 3) Simone acconsentì a questo desiderio nonostante avesse <faticato tutta la notte> e avesse diritto ad essere un po’ arrabbiato e comunque deluso e stanco. Stando al racconto di Luca possiamo dire che la vita e la speranza si rimettono in moto gradualmente. Prima viene chiesto di <scostarsi un poco da terra>, poi addirittura di prendere <il largo> (5, 4) infine di essere addirittura <pescatore di uomini> (5, 10). L’esultazione finale della prima lettura potrebbe diventare una sorta di responsorio a ciò che avviene sulla riva del lago: <E’ lui che ci ha liberati dal potere delle tenebre e ci ha trasferiti nel regno del Figlio del suo amore, per mezzo del quale abbiamo la redenzione, il perdono dei peccati> (Col 1, 13-14).

Simili doni non possono certo essere trattenuti per sé soltanto, ma per loro natura esigono che siano condivisi: <Allora fecero cenno ai compagni dell’altra barca, che venissero ad aiutarli. Essi vennero e riempirono tutte e due le barche fino a farle quasi affondare> (Lc 5, 7). Ogni volta che acconsentiamo a fare un piccolo passo, in realtà l’impossibile ritorna ad essere ben possibile fino a divenire capaci di <partecipare alla sorte dei santi nella luce> (Col 1, 12). A fondamento della vita della Chiesa e della sua stessa esistenza come sacramento di salvezza al cuore della storia vi è una fiducia condivisa: Simone si fida di Gesù, Gesù si fida di Simone e così ci si imbarca uno nella vita dell’altro prendendo così il <largo>. Ancora oggi la vita della Chiesa, sempre più chiamata a pensarsi a servizio di un’umanità in cammino verso la pienezza di se stessa, deve obbedire a questa logica di fiducia contagiosa a partire dalla quale se apparentemente tutto sembra restare uguale, in realtà, tutto può diventare veramente nuovo e più vivibile.

Olivo

XXII settimana T.O. –

Ci commuove la dedizione assoluta con cui il Signore Gesù si dedica al suo ministero nella piena coscienza di avere un dono da comunicare e non un privilegio di cui godere: <E’ necessario che io annunci la buona notizia del regno di Dio anche alle altre città; per questo sono stato mandato> (Lc 4, 43). Nel cuore di Cristo Signore arde il fuoco di una consapevolezza che gli permette di non perdere mai la bussola della sua missione senza mai lasciarsi imprigionare dall’inganno di avere diritto a fermarsi e, in certo modo, a godere delle sue fatiche apostoliche. Al contrario la vita del Signore Gesù è dominata da un chiaro dinamismo che non si ferma mai su se stesso, ma vive in una continua attenzione a ciò e a chi ancora può beneficiare del dono del Vangelo. L’evangelista Luca che ci fa contemplare il Verbo fatto carne sempre <in cammino> (4, 30). Non solo all’inizio alquanto drammatico del suo ministero pubblico, ma già nel seno di sua madre che si reca in fretta a rallegrare e sostenere Elisabetta come pure dopo la risurrezione quando si mette sulle tracce dei discepoli in fuga da se stessi verso Emmaus.

L’apostolo Paolo non riesce a trattenere la gioia e l’esultanza perché la corsa del Vangelo inaugurata in Cristo Signore continua nella storia dei credenti fino ad oggi: <a causa della speranza che vi attende nei cieli. Ne avete già udito l’annuncio dalla parola di verità del Vangelo che è giunto a voi. E come in tutto il mondo esso porta frutto e si sviluppa> (Col 1, 5-6). Stando alle parole di Paolo il Vangelo è e deve essere perennemente una realtà in sviluppo, la cui corsa e la cui efficacia non può arrestarsi, ma, per sua natura, si apre continuamente a nuovi bisogni mantenendo viva l’attenzione ad ogni sofferenza. Chiamati ad essere discepoli del Signore anche noi dobbiamo coltivare un dinamismo che radica nell’attenzione e si manifesta nella capacità di rimanere in cammino. Passare dalla sinagoga alla casa di Simone, dal capezzale della suocera alla porta di casa, dal deserto della preghiera alla polvere della strada… è il cammino che attende anche noi chiamati a sperimentare la stessa grazia vissuta da Paolo nel sentire Epafra <caro compagno nel ministero> (Col 1, 7).

Lo sviluppo della predicazione del Vangelo sembra essere direttamente proporzionale al suo radicamento interiore nel nostro cuore tanto che ogni ministro dovrebbe poter fare proprie le parole del salmo: <Come olivo verdeggiante nella casa di Dio> (Sal 51, 10). Al pari di ogni albero, per crescere è necessario coltivare la dimensione della profondità propria delle radici e quella delle fronde da cui si colgono i frutti. Nondimeno, come ogni albero, è pure necessario difendersi da tutto ciò che può impedire o anche solo ritardare lo sviluppo. Il Signore Gesù si comporta come un <olivo verdeggiante> che prima di tutto ritrova ogni giorno la sua linfa nel rapporto intimo con il Padre attraverso la preghiera, per poi aprirsi generosamente agli altri senza per questo perdere in libertà e generosità verso tutti. Inoltre, si difende accuratamente ed energicamente da ciò che può inquinare il cuore e la mente fino a snaturare i gesti cosicché, per quanto riguarda i demoni, <non li lasciava parlare> (Lc 4, 41). Sempre in cammino come gli alberi che pure danno l’impressione di essere assolutamente fermi!

Un uomo

XXII settimana T.O. –

Il quadro introduttivo offerto dalla liturgia di ieri ci ha fatto sostare su quelli che sono i primi passi di Gesù in mezzo alla nostra umanità che, dalla sua parola e dai suoi gesti, può sperare la gioia sempre più grande di una salvezza ritrovata. Il quadro di oggi ci riguarda più da vicino visto che ciascuno di noi è chiamato a riconoscersi, almeno in parte, nella figura di <un uomo che era posseduto da un demonio impuro> (Lc 4, 13). In due quadri che si guardano come fossero esposti l’uno di fronte all’altro, viene messo in gioco tutto il dramma della salvezza nel cui dinamismo la presenza in mezzo a noi del Verbo fatto carne interroga la nostra umanità e ci obbliga a venire allo scoperto per tutto ciò che concerne il nostro modo di esporci fino ad accogliere il dono che ci viene fatto. Il fatto che quest’uomo si metta a gridare dando voce alla disperazione che la sola presenza del Signore Gesù crea nel suo cuore è per noi motivo di riflessione e di verifica interiore: <Basta! Che vuoi da noi, Gesù Nazareno? Sei venuto a rovinarci? Io so chi tu sei: il santo di Dio!> (Lc 4, 34).

La santità intesa come pienezza di umanità che fa sperare in una pienezza di vita mette in crisi il modo di vivere o di non vivere cui sembra la nostra umanità si abitui molto più facilmente di quanto si possa immaginare e desiderare. In realtà, l’uomo posseduto accusa il Signore di qualcosa che non è assolutamente vera. Infatti, <uscì da lui, senza fargli alcun male> (4, 35). Non è vero che il Cristo sia venuto a <rovinarci>, è vero, altresì, che la sua presenza è venuta a salvarci. Nondimeno ogni esperienza di autentica salvezza comporta un’esperienza reale di cambiamento e di progresso che, non lasciandoci, nello stato cui siamo abituati può sembrarci persino un’esperienza di morte o di rovina. L’apostolo Paolo ci mette in guardia da quella sorta di inedia spirituale che rischia, quasi inconsapevolmente, di farci scivolare nella morte dell’anima. Per questo ci esorta vivamente: <Non dormiamo dunque come gli altri, ma vigiliamo e siamo sobri> (1Ts 5, 6).

Dopo averci esortato a non lasciarci andare all’inedia dello spirito, l’apostolo ci ricorda una cosa fondamentale: <Dio infatti non ci ha destinati alla sua ira, ma ad ottenere la salvezza per mezzo del Signore nostro Gesù Cristo> (5, 9). Ciò che siamo chiamati a ricevere attraverso Cristo Signore è la <salvezza> senza mai dimenticare che ogni esperienza di salvezza, se autentica e duratura, comporta una sensazione di “rovina” di tutto ciò che rischia di essere il sistema delle nostre abitudini mortifere. Quando l’indemoniato riconosce nel Signore Gesù <il santo di Dio!> (Lc 4, 34) è come si dichiarasse una certa paura e un certo timore che questa santità si travasi nella sua vita. La risposta del Signore ci riguarda personalmente forse ben più di quanto immaginiamo a primo acchito: <Taci! Esci da lui!> (4, 35). Il primo passo, assolutamente necessario, per entrare in un dinamismo di salvezza efficace è un’opera di liberazione interiore capace di creare uno spazio di silenzio che permette la ricezione del dono rinnovato di un appello alla vita.

Tristi

XXII settimana T.O. –

La predicazione del Vangelo sembra necessariamente legata alla preoccupazione che <non siate tristi come gli altri che non hanno speranza> (1Ts 4, 13). Se questo riguarda nelle preoccupazioni dell’apostolo quanti sono morti, riguarda ancor più urgentemente coloro che sono vivi. Le parole conclusive della prima lettura: <Confortatevi dunque a vicenda con queste parole> (4, 18), possono essere applicate in modo del tutto particolare alle parole con cui il Signore Gesù inaugura il suo ministero pubblico completamente teso a tenere desta la speranza e a ravvivare continuamente la gioia di tutti: <mi ha mandato a portare ai poveri il lieto annuncio, a proclamare ai prigionieri la liberazione e ai ciechi la vista; a rimettere in libertà gli oppressi e proclamare l’anno di grazia del Signore> (Lc 4, 18-19). In una parola, il Signore Gesù desidera essere in mezzo a noi e per noi animatore e sostenitore della nostra gioia riscattandoci da tutto ciò che ci rende <tristi>.

A ben pensare non è poi così facile essere persone segnate dalla gioia e liberate in modo fondato dalla tristezza. Nella vita del Signore Gesù, intessuta di parole e gesti, possiamo contemplare una sorta di cammino deciso ed esigente verso una gioia sempre più pura e più vera che non ha niente a che vedere con una sorta di immunità o di immunizzazione dal dolore, ma corrisponde ad in processo interiore fatto di intelligenza e di abbandono che permette di poter dire non solo ogni giorno, ma in ogni momento: <Oggi si è compiuta questa Scrittura che voi avete ascoltato> (4, 21). La lettura annuale del vangelo secondo Luca, che ricominciamo oggi e ci accompagnerà fino alla fine di questo anno liturgico, non lascia dubbi: il compimento passa attraverso una verità di relazione che esige una presa di posizione ben più profonda di una semplice espressione di simpatia.

Il cammino verso Gerusalemme che rappresenta il cuore e la struttura stessa di tutto il vangelo secondo Luca, sembra voler essere una pedagogia della gioia autentica che passa attraverso il dono pieno della propria vita consegnata con fiducia e amore alle mani del Padre tanto da essere messa nelle mani degli uomini. La conclusione di questo primo passo sembra essere scoraggiante poiché lo <cacciarono fuori… per gettarlo giù> (4, 29), ma, in realtà, è la speranza ad essere in viaggio poiché <egli, passando in mezzo a loro, si mise in cammino> (4, 30). Questo cammino del Signore che va dalla Galilea a Gerusalemme e da Gerusalemme ad Emmaus sulla cui strada i discepoli <col volto triste> (24, 18) sapranno riprendere la strada della gioia e della speranza. Lungo questi giorni di rinnovato ascolto del vangelo secondo Luca siamo chiamati a scoprire che il <figlio di Giuseppe> (4, 22) pur essendo tale è il <figlio dell’Altissimo> verso il cui <incontro> (1Ts 4, 17) tende tutta la nostra vita per essere, infine, <sempre con il Signore> liberati da ogni tristezza e rinnovati nella gioia.