Riflettere
XXXII Domenica del T.O. –
La parola della sapienza ci ricorda in apertura dell’ascolto di questa domenica che <riflettere su di lei, infatti, è intelligenza perfetta> (Sap 6, 15). La parabola che il Signore Gesù ci racconta quest’oggi non vuole essere, di certo, descrittiva di quello che avverrà al suo ritorno per la fine dei tempi, ma un modo per aiutare ciascuno di noi a riflettere sul come stiamo organizzando la nostra vita. All’invito della prima lettura a riflettere corrisponde quello del Signore Gesù che conclude la parabola così: <Vegliate dunque, perché non sapete né il giorno né l’ora>
La scorsa domenica la Liturgia della Parola ci invitava a prendere le distanze dall’atteggiamento saccente e opprimente dei farisei e dei dottori della Legge per assumere, invece, l’atteggiamento vitale e vivificante della madre che nutre e che si adopera perché l’altro cresca. Nella liturgia di oggi ecco che all’immagine della madre-nutrice succede il simbolo della nuzialità: nella pericope evangelica di questa domenica tutta la tensione è in quelle parole: <le vergini che erano pronte entrarono con lui alle nozze> (Mt 25, 10). Il semplice ascolto di questa frase non può che rianimare nel profondo del nostro cuore un grande desiderio di far parte di questo gruppo di vergini che “entrano” coronando così nel dono di quest’intimità la vigilante attesa della notte e la remota preparazione delle lampade non sprovviste di una buona scorta di olio di emergenza. Nella prima lettura abbiamo sentito che <la sapienza è facilmente contemplata da chi l’ama> (Sap 6, 12) e l’apostolo, scrivendo ai Tessalonicesi, invita questi cristiani della prima ora a rallegrarsi e a confortarsi vicendevolmente nella speranza che alla fine: <saremo sempre con il Signore> (1Ts 4, 17). Se ritorniamo poi al testo evangelico ecco che la questione in gioco è proprio questa: entrare o rimanere fuori dalla stanza nuziale, essere ammessi o essere esclusi dalla festa del banchetto di nozze, godere o meno della gioia e soprattutto della speranza che viene dal poter contemplare lo sposo che si unisce alla sua sposa assicurando il trionfo della vita attraverso la vittoria dell’amore.
Così, dunque, la domanda si fa forte: in che cosa consiste la sapienza? Che cosa distingue in realtà e profondamente le vergini sagge da quelle stolte? Analizzando da vicino il testo della parabola ecco che ci rendiamo conto di come ciò che rende sagge la metà delle vergini non è la resistenza al sonno; infatti, <si assopirono tutte e dormirono> (Mt 25, 5) ma il particolare secondo cui <le sagge insieme alle lampade presero pure dell’olio in piccoli vasi> (Mt 25, 4). La sapienza sembra così consistere nella capacità di prepararsi al peggio e, soprattutto, la sapienza è sapere in anticipo, che le cose potranno andare per le lunghe cosicché <lo Sposo tardava> (Mt 25, 5): le vergini sagge sono coloro che hanno un rapporto giusto con il tempo mentre delle stolte possiamo dire che sono superficiali e, per certi aspetti, si lasciano prendere da un incauto ottimismo… senza fondamento e assai rischioso. Detto questo sembra proprio di poter arguire che la sapienza consista nell’imparare ad avere un rapporto giusto – ri/conciliato – con il tempo e, soprattutto, con i contrattempi e ritardi – con relative delusioni – che non mancano mai nella vita. Tutti noi siamo vergini che attendono lo Sposo, e a tutti noi è stata affidata come una lampada la nostra vita nel corpo e nello spirito. Ma perché la lampada funzioni è necessario il nostro impegno e la nostra lungimiranza. La cosa importante – decisiva – non è avere o meno la lampada ma che questa sia accesa: che sia veramente e fino in fondo sé stessa.
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