Il tuo nome è Invece, alleluia!
V Settimana di Pasqua –
L’apostolo Pietro non si lascia bloccare dalla paura del cambiamento e della novità che sembra paralizzare la prima comunità dei credenti di fronte alla libertà che viene dal Vangelo, una libertà la cui caratteristica principale è di essere non più un privilegio riservato ad alcuni, ma un dono che è di tutti e per tutti. Le parole di Pietro, soprattutto perché vengono dalla bocca di un uomo e di un apostolo perlopiù famoso per la sua paura e i suoi timori, assumono un peso ancora più grande: <Ora dunque, perché tentate Dio, imponendo sul collo dei discepoli un giogo che né i nostri padri né noi siamo stati in grado di portare? Noi invece crediamo che per la grazia del Signore Gesù siamo stati salvati, così come loro> (At 15, 10-11). Si può ben dire che buona parte della fatica della prima comunità, che si stringe attorno al Signore Gesù, è legata alla difficoltà di accettare una dilatazione assoluta e incondizionata dei confini di appartenenza e di esperienza di salvezza. Questa fatica fu dapprima del piccolo nucleo degli apostoli attorno al Signore Gesù, divenne la fatica del primo gruppo allargato dei discepoli e delle discepole che si aprono alla fede in Cristo dopo la sua Pasqua, ma è pure la fatica della Chiesa di sempre.
Non è, infatti, facile, rinunciare ad una immagine di comunità di fede il cui principio sarebbe proprio quello di una sorta di privilegio e di esclusività e questo crea e continua a creare <una grande discussione> (15, 7). Tutte le precomprensioni e i preconcetti sembrano destinati a cadere davanti ad un elemento nuovo e dirimente che viene rammentato da Pietro con chiarezza esigente: <E Dio, che conosce i cuori, ha dato testimonianza in loro favore, concedendo anche a loro lo Spirito Santo, come a noi> (15, 8). Questo dono, ricevuto da tutti e condiviso con tutti, non permette più nessun tipo di <discriminazione> (15, 9). Pertanto, la fine di ogni <discriminazione> non è mai facile da digerire e da metabolizzare perché comporta una radicale ricomprensione di se stessi. Le parole del Signore Gesù nel Vangelo ci permettono di andare a scoprire il fondamento remoto e radicale di questo nuovo modo di sentire e di agire: <Come Padre ha amato me, anche io ho amato voi. Rimanete nel mio amore> (Gv 15, 9).
Siamo radicalmente esortati a non pensare in termini di diversità elitaria, ma, ogni giorno, siamo invitati a ripartire invece dal “come” dell’agire di Dio, il quale non fa preferenze e riversando i suoi doni con larghezza su tutti, apre la strada per un modo nuovo di sentirci reciprocamente. Il Signore Gesù con le sue parole ci porta ben oltre ogni <discussione> per aprirci ad un discernimento radicale: <Vi ho detto queste cose perché la mia gioia sia in voi e la vostra gioia sia piena> (15, 11). La gioia che ci viene dal Vangelo, la forza che ci viene dalla Pasqua è legata a questa possibilità inedita di non lasciarsi intrappolare in definizioni e atteggiamenti troppo chiari e troppo distinti, ma rimanendo disponibili all’imprevedibilità della grazia che ci sorprende e ci chiede di dare ogni giorno una possibilità alla grazia nella nostra vita e in quella degli altri.
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