Il tuo nome è Ricordare, alleluia!

V Settimana di Pasqua –

Il Signore Gesù ci parla con una sofferta solennità: <Ricordatevi della parola che io vi ho detto: “Un servo non è più grande del suo padrone”>. La conseguenza di ciò è chiara: <Se hanno perseguitato me, perseguiteranno anche voi; se hanno osservato la mia parola, osserveranno anche la vostra> (Gv 15, 20). La lettura delle parole che il Signore Gesù rivolge ai suoi discepoli nell’intimità del Cenacolo e che ogni anno rileggiamo tra Pasqua e Pentecoste, hanno per noi lo stesso valore e la stessa importanza che ebbero per gli apostoli nella loro ricomprensione di ciò che avevano vissuto con Gesù. Di quei gesti – primo fra tutti la lavanda dei piedi – che fanno lo stile del discepolato. Il primo grande lavoro interiore della Chiesa nascente è stato proprio quello di imparare a ricordare le parole e i gesti del Signore per conformavi le proprie parole e i propri gesti in una continuità d’amore che è l’essenza di ciò che chiamiamo Tradizione. È il Signore stesso a chiedere ancora a ciascuno di noi di non dimenticare, ma di ricordare quella parola che è la regola stessa della discepolanza: <Uno servo non è più grande del suo padrone>. E questo proprio perché nei suoi abbassamenti, il Signore si è rivelato come il padrone che si mette allo stesso livello del servo al fine di poter vivere non più in una relazione di sudditanza, ma di autentico amore.

Si tratta di arrivare fino in fondo alla sfida del Vangelo! Per questo il Signore non solo non nasconde ai suoi discepoli i rischi del discepolato, ma ne parla in modo chiaro ed esplicito. Per sostenere la fedeltà creativa dei suoi discepoli, il Signore partecipa loro la sua passione d’amore per il Padre da cui è originata la compassione per l’umanità. Questa compassione si spinge fino ad una speranza estrema che certo non giustifica la persecuzione, ma pure comprende la ragione più profonda e più vera: <perché non conoscono colui che mi ha mandato> (15, 21). Non c’è altra motivazione all’odio se non l’ignoranza dell’amore che, nonostante tutto, non è in grado di spegnere l’amore la cui fiamma va custodita con una passione e una perseveranza che superi lo zelo delle vergini vestali dell’antica Roma. Il grido e l’implorazione che Paolo sente in sogno si leva ancora oggi da molti angoli della nostra terra e, in particolare, dalle periferie del mondo ove la sofferenza è più grande e il rischio di disumanizzazione più minaccioso: <Vieni in Macedònia e aiutaci!> (At 16, 9).

La reazione dell’apostolo Paolo è immediata e generosa, come annota l’autore degli Atti degli Apostoli che sembra aver condiviso personalmente questo momento importante nel processo di dilatazione della prima evangelizzazione: <Dopo che ebbe avuto questa visione, subito cercammo di partire per la Macedònia, ritenendo che Dio ci avesse chiamati ad annunciare loro il Vangelo> (16, 10). Ancora una volta dobbiamo tenere presente che non basta che <durante la notte> appaia <una visione>, è necessario essere in grado di ricordarla e di darle il giusto peso fino a lasciarsi disturbare e riorientare dalle intuizione del cuore in cui il Signore continuamente ci fa cenno di andare oltre… talora di volgersi altrove senza timore e con una grande passione colma di fiducia che si fa decisione e azione.

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